ANC Segrate

Associazione Nazionale Carabinieri
sezione di Segrate (MI)
email: anc.segrate@gmail.com

domenica 29 giugno 2014

sequestro di droga a Segrate


stazione CC Segrate

Venerdì 27 giugno alle 16 i Carabinieri di Segrate hanno sequestrato due Kg di hashish, in un'operazione congiunta con la Polizia di Sesto San Giovanni.
Per sfuggire all’arresto, lo spacciatore è salito fino al quinto piano di una palazzina di via Nenni 9, nel quartiere di Rovagnasco di Segrate, e ha offerto soldi a un condomino che gli aveva aperto la porta, chiedendo di essere nascosto da alcune persone che lo inseguivano per aggredirlo.
È finito in prigione con l’accusa di spaccio di droga, M.I., 29enne di Carugate, che era stato intercettato mentre consegnava ben due chili di hascisc a un suo compratore. Il giovane, disoccupato e incensurato, si era messo in attività con un 38enne di Segrate, G.A., con diversi precedenti. .
Quando i carabinieri sono entrati in azione, G.A. si è subito arreso, mentre il giovane ciclista se l’è data a gambe nascondendosi nella palazzina.

Ai due sono stati sequestrati due panetti di hascisc da un chilo ciascuno. In casa di M.I, a Carugate, la polizia ha scoperto cinquemila euro. I due sono stati arrestati e attenderanno in carcere la condanna per spaccio di stupefacenti.

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rapporto: record di sequestri di droghe leggere, in calo cocaina ed eroina

Gli investigatori: «Business per cosche calabresi e albanesi ». Le ‘ndrine stanno trasformando zone rurali della Calabria in piantagioni di «erba»

In Lombardia, nel 2013, sono stati sequestrati quasi 2.500 chili di marijuana (oltre 15 volte in più rispetto a 10 anni fa), quasi tutti nel triangolo tra Milano, la Brianza, Como e Bergamo.

Sempre nel 2013, in Lombardia sono quasi dimezzati i sequestri di cocaina (626 chili intercettati), eroina (151) e hashish (3.542). Dati che non sono sufficienti per indicare cambiamenti e prospettive nell’economia criminale. Il quadro della marijuana è invece coerente (in costante e massiccio aumento) su una scala di dieci anni. Ed è probabilmente il risultato delle strategie dei gruppi del narcotraffico legati sia alla ‘ndrangheta, sia ai clan albanesi.
La relazione della Dcsa conferma infine che Milano e la Lombardia restano un mercato aperto, un territorio nel quale tutte le organizzazioni internazionali (se ne hanno la forza e l’interesse) possono lavorare, al contrario di quel che accade nelle Regioni del Sud. Dice la relazione: «Gli stranieri risultati coinvolti nel narcotraffico sono stati 2.428 e corrispondono al 20,85 di tutti gli stranieri segnalati a livello nazionale; dato significativo è che, in Lombardia, gli stranieri sono il 50,55 per cento dei denunciati, a fronte del 34,58 per cento della media nazionale». Nazionalità prevalenti: marocchina, tunisina, e albanese.

articolo completo di Gianni Santucci su corriere.it  






sabato 28 giugno 2014

confidenze dal fondatore del ROS

gen. Mario Mori


Il ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) nasce il 3 dicembre del 1990, e l'allora tenente colonnello Mori ne è uno dei fondatori. La struttura, individuata quale Servizio Centrale Investigativo, assume, per l’Arma dei carabinieri, la competenza a livello nazionale delle indagini nel settore della criminalità organizzata e terroristica. Mario Mori ne cura la definizione della struttura ordinativa e della dottrina d’impiego, assumendo anche il comando del I Reparto.

Nel libro "Ad Alto Rischio", scritto a quattro mani con il giornalista Giovanni Fasanella, il generale Mori non svela segreti di stato ma esprime con franchezza il suo punto di vista su molti argomenti interessanti.


Mario Mori sulle sue origini:
"Sono nato a Postumia Grotte (ex-territorio di Trieste) il 16 maggio 1939. Vuol dire che sono nato in Italia e otto anni dopo la mia terra non era più italiana.  Non mi considero un profugo in senso stretto ma oggi posso dire di non aver mai apprezzato il modo con cui il governo italiano si è sbarazzato dell'ingombrante problema rappresentato da quelle terre e da quelle popolazioni. L'esperienza della frontiera, il limite oltre il quale c'è un nemico mortale, tanto più insidioso in quanto a un passo da casa, ha condizionato l'intera storia italiana del dopoguerra e naturalmente anche quella della famiglia Mori e la mia personale. Mio padre Francesco era un ufficiale dei Carabinieri. Io ne ho seguito le vicende e i trasferimenti, e quindi ho dovuto compiere i miei studi in giro per l'Italia. Ho accompagnato mio padre nelle sue peregrinazioni, ne ho condiviso i disagi che spesso procura la vita da carabiniere, ma anche l'esempio, i valori morali, i principi. E ne ho seguito le orme professionali. Frequentai i corsi dell'Accademia militare di Modena e quelli della Scuola di applicazione di Torino. Poi entrai nell'Arma e nel 1966 fui promosso tenente."


Alcune testimonianze di. Mario Mori sulla nascita del ROS:


“La selezione degli uomini avveniva solo per chiamata diretta, uno ad uno, perché cercavamo solo personale specializzato e con un’esperienza di impiego continuativo in settori operativi; meglio pochi ma buoni.”


“La filosofia del nuovo codice di procedura penale aveva determinato una sorta di genericità professionale e di deresponsabilizzazione, persino una riluttanza all’impiego totale delle strutture nell’attività investigativa.”


“Nella lotta contro il nemico servivano specializzazione e duttilità.”


“Quando ero con Alberto Dalla Chiesa al nucleo anti-terrorismo ci diceva sempre: ‘doveste sforzarvi di conoscere - e possibilmente anche usare – il vocabolario e le tecniche dei vostri avversari, perché così sarete in grado di individuare il filo conduttore dei loro ragionamenti e di anticipare le loro mosse'.”


“Tra i primi uomini del ROS devo citare il maresciallo Giuseppe Sibilia, una persona colta, solare e di grande sensibilità; era stato uno dei più stretti collaboratori del colonnello Giuseppe Russo, ucciso dalla mafia nel 1977; con i suoi insegnamenti e i suoi consigli il maresciallo Sibilia non è solo un prezioso collaboratore, è un fratello maggiore”.


“Fin dai primi tempi abbiamo acquisito un vantaggio strategico rispetto al nostro avversario raggiungendo una “superiorità informativa”; perché questo era il principio base che ispirava l’intera dottrina del reparto, un concetto semplice ma efficace: acquisire più dati possibili sui tuoi nemici senza farti scoprire e conoscere.”
"Il ROS non si è mai appiattito sui teoremi, sulle verità preconfezionate. Ha invece percorso strade molto spesso scomode e pe rquesto ha subito gli attacchi dei benpensanti. Soprattutto nei primi anni, il ROS è finito nel mirino dei "professionisti dell'antimafia" come li definiva un intellettuale acuto come Leonardo Sciascia, il quale, da siciliano profondamente conoscitore della sua cultura e della sua psicologia, sapeva benissimo che il confine tra il Bene e il Male non è mai nettissimo. Noi del ROS costituivamo una minaccia per l'equilibrio imposto dai corleonesi e dai loro protettori. 
Ci furono avevrtimenti con inviti chiarissimi e trasversali a rietrare nei ranghi e a tenere comportamenti investigativi più allineati; inviti che naturalmente non accogliemmo, perché sapevamo di essere dalla parte della ragione."

Commenti conclusivi del libro:
"Nel corso della vita di ciascuno di noi affiora sempre la tentazione di limitare i danni, esponendosi poco e lesinando la fiducia. Ma non sempre la ricerca del quieto vivere è la soluzione migliore, soprattutto quando hai a che fare con altri uomini, come capita a chi detiene il comando. Se potessi tornare indietro, alcune cose non le rifarei, ma non sono molte. Ho affrontato gli impegni della mia professione sempre con convinzione e con risultati che sono andati anche ben oltre i miei reali meriti. E se è vero che si vive per quello che si dà, io sono molto soddisfatto di quello che ho dato e ricevuto".



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venerdì 27 giugno 2014

anche la Questura deve chiedere la carità


Effetti della spending review ... non solo i carabinieri devono ridursi a ricevere regali.


Grazie all’impegno del Questore Luigi Savina, che in barba alla spending review è riuscito a rimettere in moto – nel vero senso della parola – gli agenti che formavano lo storico Reparto Motociclisti Nibbio, il cui livello di attività era calato negli ultimi anni causa mancanza fondi e mezzi adeguati allo scopo (le loro motociclette risalivano al 2001, erano ormai inservibili).
Con la collaborazione di Bmw Motorrad Italia, che fornisce otto (ma diventeranno dieci a breve) F 700 Gs con Abs alla Questura, e di Dainese, che ha sviluppato speciali uniformi dotate di airbag wireless integrato per proteggere schiena, clavicole e torace nel malaugurato caso di una caduta, torna così ad essere operativo un gruppo di ragazzi mossi da una grande passione, uomini che in passato hanno sempre avuto un rapporto molto stretto con la città di Milano e il suo tessuto sociale.
Una bella iniziativa che, in un momento non facile per le casse delle forze dell’ordine, deve molto anche all’iniziativa di anonimi sponsor istituzionali privati, il cui ruolo è stato fondamentale per la realizzazione del progetto.

articolo completo su: motori.corriere.it

giovedì 26 giugno 2014

primavera 2014, le ronde a Roma

 
Giuseppe Pecoraro, prefetto di Roma,  ha dichiarato in un'intervista rilasciata al quotidiano Il Messaggero: “Le ronde a Roma non servono, c’è lo Stato a garantire sicurezza”.
Il rappresentante del Governo nella Capitale ha pure annunciato che, tutti quei cittadini che organizzeranno ronde non autorizzate, saranno perseguiti a norma di legge. 


A Roma la microcriminalità fa paura, comincia ad essere troppo pesante il bilancio delle rapine sfociate spesso in omicidi, legate maggiormente al commercio della droga, ma anche al disagio sociale causato dalla crisi economica e dall’assenza di lavoro.

La gente ha timore, anche perché se prima certi episodi erano circoscritti alla periferia, adesso anche quei quartieri considerati “isole felici” sono a rischio. E così i cittadini, non sentendosi protetti dallo Stato, decidono di ricorrere al “fai da te” ovvero alle ronde, per controllare il territorio e fare da deterrente allo sviluppo della microcriminalità. Che ormai sta diventando un’emergenza.
Il Prefetto evidenzia come oggi sia paradossalmente più facile contrastare la criminalità organizzata piuttosto che il microcrimine, quello appunto che è alla ricerca degli spiccioli indispensabili all’acquisto di droga o alla sopravvivenza. Il piccolo crimine che genera rapine, scippi, furti nelle abitazioni ecc.,i reati che all’atto pratico sono percepiti maggiormente dai cittadini e sono fattore di insicurezza. ( fonte: intelligonews.it )


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ROMA, ronde armate nel quartiere Salario

Si fanno scortare quando tornano a casa oppure quando entrano nel garage. In quei pochi minuti di attesa davanti al portone dove, complice il buio, può succedere davvero di tutto.
Donne sole che hanno paura di rapine e borseggi e cittadini stanchi di appartamenti svaligiati e automobili scassinate negli ultimi tempi hanno deciso di affidarsi alla vigilanza privata per contrastare furti e rapine. Stanchi di essere nel mirino di ladri e delinquenti da qualche tempo vivono così, i residenti di via Comano.
E così novantasei famiglie, che abitano in un elegante complesso immerso nel verde, hanno deciso di autotassarsi per sentirsi più sicuri. "Non se ne poteva proprio più - raccontano - abbiamo iniziato a pagarci i vigilantes prima solo due mesi d’estate e ora tutto l’anno. Era un continuo di furti nelle case, nei garage.
Abbiamo detto basta e così dalla sera alla mattina abbiamo vigilantes con i cani a farci dormire sonno più tranquilli".

Le guardie armate, le ronde notturne non sono però solo una prerogativa degli abitanti del Nuovo Salario. In molti altri quartieri della città, infatti come Parioli, Camilluccia, Fleming o Vigna Clara, i residenti hanno deciso da tempo di sentirsi più sicuri così. «Certo è assurdo - si sfoga Roberto Cardi - pagare per la nostra sicurezza. Ma che dobbiamo fare? La situazione è invivibile».

   fonte: ilmessaggero.it

Nel maggio 2009, in occasione della pubblicazione del DDL sulla sicurezza, il prefetto Pecoraro aveva dichiarato: "E' lo stato che decide come utilizzare le forze, saranno sicuramente impiegati uomini che hanno già una conoscenza precisa delle regole. In questo caso – continua Pecoraro – le ronde possono diventare un'opportunità. Le vorremmo usare in alcune zone ed in particolari occasioni: controllare i parchi e le scuole. Saranno utilizzati ex poliziotti ed ex carabinieri che saranno di ausilio alle forze di polizia”.

martedì 24 giugno 2014

rimosso il prefetto rimangono i problemi


partita di droga sequestrata a Perugia

Il Prefetto di Perugia Antonio Reppucci, è stato rimoso dall'incarico a seguito di alcune espressioni troppo forti da lui pronunciate nel corso di una conferenza stampa.

Reppucci si difende spiegando che il suo è stato solo un invito a fare squadra, a fare sistema: "ho voluto invitare a difendere Perugia, a fare gioco di squadra tutti insieme, con le Forze di Polizia che fanno già un lavoro egregio; a loro si devono unire però anche le forze della società civile, compresa la famiglia."

Qual'è il vero problema da rimuovere, un prefetto dal linguaggio troppo colorito oppure i 500 spacciatori, in gran parte tunisini, che la sera impongono il coprifuoco alla città di Perugia ?

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articolo di Antonio Libonati

Perugia ostaggio degli spacciatori, viaggio nella capitale italiana della droga

 
Un morto per overdose ogni 15 giorni. Quasi 300 arresti all’anno. Più di 100.000 siringhe da insulina, quelle usate per iniettarsi l’eroina, vendute nelle farmacie comunali, e oltre 200 interventi del 118 che hanno salvato la vita a persone che rischiavano la vita per overdose. Questi dati non si riferiscono a Scampia o a Quarto Oggiaro, ma a quella che fino a pochi anni fa era considerata una delle città più vivibili e tranquille d’Italia: Perugia.
Perugia è ormai la capitale della droga. In qualunque altra regione o provincia del Nord e del Sud i morti per overdose scendono anno dopo anno e qui invece salgono. Nel 2011 il capoluogo umbro ha raggiunto il non invidiabile primato europeo del consumo di eroina, con ben 5 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti, e se si pensa che al terzo posto si è piazzata Terni con 3 dosi al giorno, si capiscono le dimensioni di un problema che ha ormai da moltissimo tempo superato la soglia di guardia.
Perfino nel centro della città, proprio davanti al Duomo, può capitare che i pusher ti offrano direttamente la droga, per poi vendertela nei vicoli lì vicino. La città è letteralmente assediata dagli spacciatori, e non si esagera. La Polizia calcola che ogni giorno a Perugia venga spacciato oltre mezzo chilo di eroina al giorno, e che siano più di 500 gli spacciatori quotidianamente attivi su piazza, per lo più tunisini.
Sono i numeri di una guerra. Le cause sono molteplici: la presenza di migliaia di studenti, la centralità geografica della città, la scarsità di risorse delle forze dell’ordine, l’immigrazione clandestina.
Ma la diffusione così ingente di questo fenomeno fa emergere anche un altro dato, se possibile ancor più allarmante, per non dire deprimente. La città quasi sempre, davanti a una situazione così grave, troppo spesso preferisce voltare la testa da un’altra parte. I commercianti e i frequentatori del centro tollerano che lo spaccio e il consumo avvenga a cielo aperto, forse temendo ritorsioni. Accanto alla “Perugia omertosa” c’è poi la “Perugia complice”, una zona grigia della città che guadagna con l’indotto della droga e, quindi, ha convenienza a tacere su tutto. Si tratta di avvocati che adottano ogni escamotage per proteggere gli spacciatori con alta disponibilità di liquidi, di commercialisti pronti a offrire contratti di lavoro fittizi per coprire l’attività di spaccio dei pusher, di proprietari di casa che affittano scantinati senza chiedere spiegazioni. Salvo poi lamentarsi della situazione ormai insostenibile. A questo si aggiunga che l’80% dei consumatori sono persone residenti in Umbria.
Quando arriva la sera, a Perugia c’è il coprifuoco, la gente si chiude dentro casa. I residenti vanno via, lasciando il centro in mano ai tunisini. Al posto degli eleganti negozi e cioccolaterie di Corso Vannucci, sempre di più aprono paninoteche, kebabbari e baretti che vendono alcolici a basso prezzo.
Lo spaccio porta altra criminalità, come dimostrato nei video. Le risse e gli atti vandalici in pieno centro storico sono ormai all’ordine del giorno. C’è stata anche una sparatoria, una faida tra spacciatori tunisini e albanesi per un mancato pagamento. Il tutto davanti al Duomo della città. Quella stessa città che ha ormai smarrito sé stessa, e che viene abbandonata dai suoi stessi cittadini.
Un incubo, da cui Perugia non sembra saper uscire.


sabato 21 giugno 2014

una ferita ancora aperta


Giovanni Sali
A 18 mesi dalla morte dell'appuntato scelto Giovanni Sali il delitto rimane irrisolto, nei nostri cuori rimane una ferita aperta.
Era il 3 novembre del 2012 quando il carabiniere di quartiere Giovanni Sali, un uomo apprezzato e benvoluto da tutti, perse la vita in quello che a tutt’oggi è un caso senza risposte.  
Un agguato? O che altro?  Sali rimase ucciso nel centro storico da due colpi esplosi dalla sua stessa pistola Beretta di ordinanza.  Gli uomini del
Ris di Parma avevano trascorso diverse ore sul posto nel tentativo di ricostruire la dinamica del delitto. Nel momento dell'aggressione, alle 17:30, nella adiacente chiesa della Maddalena c'era la messa, interrotta per qualche istante proprio per via delle tre detonazioni, sentite nitidamente da tutti. In via Indipendenza, subito dopo i colpi, un cittadino è corso a vedere cos'era accaduto, che non ha visto nessuno. 

il luogo del delitto

Nessuno ha visto qualcuno allontanarsi. Sembra prevalere la pista di una esecuzione operata da «professionisti» e magari «studiata nei minimi particolari». Da non dimenticare la testimonianza del pentito ed ex capocosca crotonese Luigi Bonaventura il quale aveva rivelato che il carabiniere era stato ucciso con uno stile da ‘ndrangheta. "Uccidevamo così anche noi, ha dichiarato. Di sicuro erano almeno in due e professionisti". 
E nel momento dell'aggressione, nella adiacente chiesa della Maddalena, c'era la messa, interrotta per qualche istante proprio per via delle tre detonazioni, sentite nitidamente da tutti. In via Indipendenza, subito dopo i colpi, un cittadino è corso a vedere cos'era accaduto, che non ha visto nessuno. A poche decine di metri dalla piazza antistante la chiesa c'era anche un gazebo dell'Anpi dove si stava svolgendo una castagnata. Nessuno ha visto qualcuno allontanarsi.  - See more at: http://www.nottecriminale.it/lodi-il-mistero-dell-omicidio-di-giovanni-sali-si-infittisce-come-e-scappato-l-assassino-se-nessuno-ha-visto-qualcuno-fuggire.html#sthash.GqzD1RXz.dpuf
E nel momento dell'aggressione, nella adiacente chiesa della Maddalena, c'era la messa, interrotta per qualche istante proprio per via delle tre detonazioni, sentite nitidamente da tutti. In via Indipendenza, subito dopo i colpi, un cittadino è corso a vedere cos'era accaduto, che non ha visto nessuno. A poche decine di metri dalla piazza antistante la chiesa c'era anche un gazebo dell'Anpi dove si stava svolgendo una castagnata. Nessuno ha visto qualcuno allontanarsi.  - See more at: http://www.nottecriminale.it/lodi-il-mistero-dell-omicidio-di-giovanni-sali-si-infittisce-come-e-scappato-l-assassino-se-nessuno-ha-visto-qualcuno-fuggire.html#sthash.GqzD1RXz.dpuf




ANC Segrate era presente ai funerali solenni, assieme a una folta rappresentanza delle ANC di tutta la zona. 


Anche se il fascicolo in procura è aperto, non ci sarebbe nessuna novità. "Purtroppo tutto tace - hanno recentemente dichiarato i famigliari di Sali -, le indagini non sono facili, ma questo silenzio ci ammazza ancora di più".
"Ci stiamo muovendo in tutte le direzioni, anche se in questo momento non ci sono elementi favorevoli alle indagini", ha dichiarato il procuratore Vincenzo Russo, che denuncia anche "una diffusa omertà" tra i possibili testimoni.

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7 dicembre 2012 - Un altro carabiniere morto nel Lodigiano. Una trama che si infittisce di giallo. Pasquale Lo Muscio, 43 anni, sposato e padre di un figlio, è stato trovato morto ieri notte nella caserma di Zelo Buon Persico. Il militare, maresciallo che dirigeva proprio quella caserma, si è tolto la vita con un colpo di pistola. Il comandante si è ucciso mentre era solo in ufficio (niente testimoni) e a ritrovare il corpo sono stati i colleghi che rientravano da un servizio di pattugliamento sul territorio.
L'uomo aveva lavorato a lungo anche a Cavenago d'Adda e aveva avuto modo di collaborare anche con Giovanni Sali, il carabiniere di quartiere ucciso a Lodi poco più di un mese fa e per la cui morte non sono stati ancora trovati né colpevoli né spiegazioni.
Due morti violente di carabinieri in poche settimane. Il giallo si infittisce.

fonte: www.ilgiorno.it


3)  Nella stessa zona, molto strana anche la morte del carabiniere Fabrizio Iezzi.

Luglio 2010. Un pomeriggio afoso, nel quale viene trovato morto, nella sua Alfa 147, il carabiniere Fabrizio Iezzi, 29 anni. Era sotto un cavalcavia dell’autostrada del Sole a poche centinaia di metri dal casello Piacenza Nord, nel Lodigiano, tra Guardamiglio e San Rocco al Porto. Gli agenti della Polstrada, i primi a intervenire, vedono il corpo di Fabrizio riverso sul sedile, la camicia imbrattata di sangue e un buco vicino al cuore. L’uomo impugna la pistola. Ma qualcosa non quadra: un altro colpo è partito dalla pistola d’ordinanza, ma è fuoriuscito dal lunotto posteriore dell’auto. Suicidio od omicidio? Il giallo, da allora, è rimasto tale. L’inchiesta è in mano alla Procura di Lodi. Secondo indiscrezioni, Fabrizio stava indagando su un giro grosso, su gente piena di soldi che voleva acquistare terreni in Brianza pagando contanti migliaia di euro. Pochi mesi prima, gli era stata rubata una ricetrasmittente.
(...)
Ma il vero interrogativo dell'inchiesta è che, inspiegabilmente l'autopsia non è stata eseguita e che non sono state ancora ricostruite quelle due ore di buco che vanno dalle 11 alle 13. Le ultime prima della sua morte. Nel tardo pomeriggio di quel sabato 3 luglio, senza alcuna autorizzazione, (tanto che il fratello ha presentato denuncia) l'armadietto di Iezzi in caserma viene scardinato e i computer personali ispezionati.
Nessuna perizia è stata disposta per capire se qualche dato era stato cancellato.

Secondo la testimonianze di suoi amici, Fabrizio era intenzionato a lasciare la caserma di Milano e trasferirsi a Monza per unirisi al gruppo lavorava per sgominare l’ndrangheta (indagando in particolare sulle speculazioni edilizie in Brianza).
Il sostituto procuratore di Lodi, Paolo Nicola Filippini, titolare dell'inchiesta, oltre al suicidio ipotizza l'istigazione al suicidio. Pochi mesi più tardi il fascicolo sul “suicidio” di Fabrizio Iezzi è stato assegnato dalla Procura di Lodi al pubblico ministero Gianpaolo Melchionna che lo ha ereditato dal collega Paolo Nicola Filippini, trasferito a Milano.

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I soci ANC potrebbero fare qualcosa di più oltre a mostrare le bandiere abbrunate ai funerali ?



21 giugno 2014, papa Francesco: "La 'ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune".
La 'ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune". - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Il-Papa-scomunica-i-mafiosi-ndrangheta-adorazione-del-male-99a51e72-9afe-438f-a5d3-da2390431705.html?refresh_ce#sthash.1zGQCbsp.dpuf


giovedì 19 giugno 2014

i numeri parlano da soli

 
Nel 2013, nella lotta contro la criminalità, l'Arma dei Carabinieri con 110mila uomini ha ottenuto il 65% dei risultati, le altre forze di polizia, con circa 300mila uomini, solo il 35%.

Negli ultimi anni i Comuni assegnano sempre più risorse alla "Polizia Locale" mentre il governo continua a tagliare i fondi per i Carabinieri

Un capo-pattuglia del nucleo radiomobile di Milano mi ha confidato di recente che, quando ci sono problemi seri, la P.L. chiede sempre l'intervento dei carabinieri per risolvere la faccenda ...

Considerando la continua crescita del micro-crimine, non sarebbe il caso di rivalutare gli ex-carabinieri ausiliari, uomini con un potenziale enorme che sono stati totalmente dimenticati dallo Stato?

        M. R.

"il valore resta" dentro ANC, non nella P.A.



mercoledì 18 giugno 2014

è valida la prova del DNA ?

il presunto assasino di Yara
Parrebbe che nessun ostacolo più si frapponga ad indagini criminali a cui più nulla sfugge; ma purtroppo anche la scienza ha un punto debole e sono gli uomini che la applicano. Quanto più le macchine diventano sofisticate, quanto più basta premere un bottone per ottenere un risultato, tanto più si tende a mettere davanti alla macchina una “scimmia addomesticata” che sa solo premere il bottone.

In Italia mancano strutture adeguate in grado utilizzare i nuovi metodi con l’alto livello scientifico richiesto dalle nuove tecnologie, destinate a raffinati laboratori universitari più che a laboratori di polizia, a professori universitari con esperienza piuttosto che a generali o questori, pur se occasionalmente laureati in scienze. Peggio ancora: mancano strutture indipendenti che non facciano sorgere il dubbio che esse lavorino più per confermare le tesi degli investigatori che per trovare la verità.

(...)
Purtroppo il DNA è uno strumento eccezionale di indagine, ma soggetto anch’esso ad errori i quali possono essere evitati (salvo un margine statisticamente inevitabile del 1-2%) solo se si seguono metodiche con regole ferree, a partire dal primo istante delle indagini; se gli investigatori scientifici arrivano dopo altri, si è già creato un inquinamento della scena del crimine, spesso non più controllabile.
È appena il caso di ricordare, a questo proposito, il caso di Cogne in cui si sono susseguiti oltre venti sopralluoghi nella casa del delitto e dopo che per la casa si erano aggirati branchi di persone; meno male che in quel caso la prova del DNA non serviva.
La situazione è la stessa che in passato si è verificata per le impronte digitali e per i residui di sparo. Gli inconsulti e ascientifici entusiasmi iniziali hanno dovuto calar le ali di fronte alla constatazione che permaneva un margine di errore fonte di innumerevoli errori giuridiziari. (...)
Viene da rabbrividire quando si vede un filmato  (come è accaduto per il processo di Perugia), prodotto a dimostrazione delle cautele usate, in cui i poliziotti raccolgono un reperto decisivo con i guanti! I guanti, dopo due secondi che si usano per ricercare qualche cosa sono già inquinati, e un reperto importante NON va toccato con i guanti, ma va raccolto con una pinzetta da usare una sola volta.
Il problema dell’inquinamento  da DNA non è ancora stato risolto e quindi la cauteala non sarà mai troppa.
Voi pensate che in genere le indagini vengano svolte con questa capacità e accuratezza, come richiesto dalle corti degli Stati Uniti?  Che gli operanti siano in grado di provare tutto ciò che davvero hanno fatto? Io personalmente, e per la mia esperienza di 25 anni di giudice istruttore, ho i miei fondati dubbi!

             
            Edoardo Mori

articolo completo sul sito del giudice Mori


martedì 17 giugno 2014

week-end all' Idroscalo

Idroscalo di Milano

Da anni i volontari di ANC Segrate si affiancano alla Polizia Provinciale e al servizio di sicurezza dell'Idroscalo di Milano in occasione delle principali manifestazioni sportive.
Spesso siamo aiutati dai nostri amici di ANC Pioltello.
Nell'estate del 2014 ANC Segrate è presente in Idroscalo anche in tutti i fine-settimana del periodo estivo.



alcune immagini da Segrate

La nostra "gazzella", Alfa Romeo 156


volontari in tenuta estiva

inauguraz. nuova sede Pol.Loc. Segrate

ANC Segrate Ape d'Oro 2015

19 giugno 2016 in Piazza Duomo



inaugurazione monumento a Bollate

sorveglianza del parcheggio pendolari
ritrovato coltello in stazione

pattugliamento alla stazione FF.SS / Trenord
col battaglione all'Idroscalo

uno dei tanti servizi all'Idroscalo

servizio prevenzione furti a Tavazzano

sorveglianza al Centro Civico

festa per il 20esimo anniversario


ANC motociclisti

clicca per ingrandire

clicca per ingrandire


uniformi d'epoca


il luogoten. Ricciardi con tecnico del RIS di Parma

Adriano: un sindaco vicino ai carabinieri


comandante della P.L. e amici ufficiali

commemorazione a Segrate

la mitica Giulia e un grande comandante di compagnia





in Abruzzo post terremoto nel 2009


lunedì 16 giugno 2014

a protezione dei pendolari


Segrate: i pendolari promuovono le ronde dei volontari 

da "il Giorno":
I viaggiatori sono soddisfatti. L'esperimento criticato in tante città qui ha funzionato:
stazione iper-vigilata e passeggeri sicuri grazie ai volontari.

Segrate, dal 15 ottobre 2010 - Trenta angeli custodi al fianco dei pendolari, in servizio nelle ore serali per tenere la criminalità fuori dai cancelli della stazione. Ogni sera, dalle 18 alle 21, una task force di volontari aiuta i viaggiatori della Passane Ferroviario a sentirsi più sicuri, con un occhio vigile puntato sulle banchine ferroviarie, l’area di sosta degli autobus e il parcheggio situato di fronte alla stazione di Segrate. Protagonisti di questa esperienza pilota, rimasta unica su tutto il territorio, sono i militari in congedo dell’Associazione Nazionale Carabinieri (Anc). Dodici mesi dopo l’avvio del programma sicurezza, emerge un bilancio assolutamente positivo.
"La gente apprezza il nostro lavoro - spiega Alvise Gorla, presidente dell’Associazione Nazionale Carabinieri di Segrate. Quando la sera i pendolari arrivano alla stazione dopo una giornata di lavoro, trovano sempre dei nostri volontari pronti ad aspettarli. Le persone si sentono più tranquille, perché sanno di poter contare su di noi". Il progetto, che è partito in modo sperimentale nell’ottobre del 2009, ha migliorato la situazione in una zona isolata e senza punti di riferimento. Solo cantieri aperti e degrado.
 "La nostra presenza fa da deterrente ai malintenzionati - continua Gorla - il nostro lavoro quotidiano aiuta la gente a sentirsi protetta  (...)  e i malviventi sanno che i nostri volontari hanno il controllo totale della situazione".

articolo completo su: www.ilgiorno.it


vedi anche: abbiamo ritrovato machete da 50 cm

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A Firenze, invece:

"La stazione di Santa Maria Novella a Firenze è ostaggio di una cinquantina di rom che sostano dalla mattina alla sera sulle banchine degli Eurostar e di NTV (Italo, per intenderci) in cerca del «pollo da spennare». E non appena il treno apre le porte, eccoli salire a bordo in gruppi di tre o quattro, adocchiare portafogli e borse, agguantarli e, con scatto felino, correre via con il malloppo. I turisti sono esasperati, i ferrovieri anche. E alcuni agenti della polizia ferroviaria, stressati dalla situazione, hanno perfino chiesto il trasferimento. In otto controllano tutta la stazione, davvero pochi per arginare quella che si è trasformata in una cancrena: «Per tenere d’occhio i nomadi siamo costretti a tralasciare servizi di controllo molto più importanti, come sullo spaccio e sui furti, che sono aumentati a dismisura», raccontano alcuni poliziotti mentre, per l’ennesima volta, cercano di allontanare i rom dai binari. 
Tutto inutile: viene annunciato il treno in arrivo da Roma e diretto a Venezia, e allora eccoli di nuovo spostarsi, correre verso i binari, assaltare i viaggiatori, rispondere a muso duro ai capitreno, spesso e volentieri, oggetto anche di violenze. Com’è accaduto venerdì scorso, quando è dovuta intervenire perfino un’ambulanza del 118: dopo aver cercato di far scendere dall’Eurostar cinque rom, il dipendente delle ferrovie è stato accerchiato, spintonato e preso per il bavero. Per il capotreno, cinque giorni di prognosi e uno spavento non da poco. O come due settimane fa, quando un’altra dipendente di FS si è presa un bel calcione nel sedere perché aveva cercato di aiutare una turista a caricare sul treno le sue borse

Nei mesi scorsi il questore di Firenze Raffaele Micillo, per liberare Santa Maria Novella da mendicanti, nomadi e ubriachi, aveva dato il via a un’operazione interforze che impegnava un centinaio tra carabinieri, finanzieri, forestali, vigili urbani e poliziotti. E per un po’ è sembrato che il problema fosse stato risolto, per poi tornare più virulento di prima nel momento esatto in cui le forze dell’ordine hanno abbandonato la stazione".

 4 giugno 2014 

articolo completo sul Corriere Fiorentino

vedi anche: www.ilgiornale.it 

 ANC Firenze


l'ex sindaco Renzi
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Roma, stazione Termini, viaggiatori indifesi in balia delle bande di borseggiatrici

(dal Corriere della Sera)

ROMA - Ore 7 del mattino di venerdì. La stazione Termini comincia a prendere vita. Ti guardi in giro, provi una strana sensazione. Sì, proprio così. Nemmeno un poliziotto né un carabiniere. Meno che mai un’auto di una forza dell’ordine. La prova è in quel gruppetto di otto-dieci giovanissime ragazze in jeans, maglietta, ben pettinate. Parlano tra loro in una lingua indecifrabile, ma è facile immaginare la provenienza. Sono le nuove modalità della delinquenza organizzata: non spaventare i turisti con un aspetto sporco e malmesso. Arriva un gruppo di giapponesi. Il nugolo si avvicina, comincia ad afferrare i bagagli a mano e i carrelli, parlando frammenti di inglese e sorridendo, giocando la carta della confusione. I turisti capiscono, quasi fuggono. Lo stesso succede con altri stranieri, probabilmente russi, che accelerano il passo.  

Un ragazzo molto giovane, alto, di colore (americano?) ha l’aria smarrita davanti al bancomat. Lo circondano in quattro, gli prendono la carta di credito sempre col sorriso, lui è disorientato. Scatta la solidarietà tra i passanti. In inglese gli gridano: «Pay attention!», fai attenzione. Le ragazze si girano, urlando furiose in un italiano incerto: «Pensa i fatti tuoi, capito?». L’assenza di divise regala coraggio. Si muovono in tre-quattro verso chi ha sventato il furto. Laggiù una passeggera non giovane ha ceduto, due ragazzine hanno già la sua borsa in mano. Ecco il treno per Milano, ci sono altre ragazze«aiutate» da robusti coetanei. Anche oltre i varchi, non un poliziotto né un addetto alla vigilanza, meno che mai le transenne per vietare l’ingresso a chi non ha il biglietto. 


l'ispettorato ANC Lombardia

Dal mese di maggio 2014, nella nuova sede in Via Degli Alpini, ospitiamo l'ispettorato ANC della regione Lombardia, guidato dal generale Nazzareno Giovannelli:

gen. Giovannelli


Via Degli Alpini n. 34 - 20090 Segrate (MI)



E-mail: ispettoratolombardia@sezioni-anc.it

http://www.anclombardia.it

lacrime e sangue

 Lacrime e sangue per i Carabinieri

L’Arma ha già pagato il suo tributo ai risparmi. Caserme, stipendi, uomini e mezzi: i dati choc 

Duramente colpiti, ridimensionati, quasi privati della capacità di reazione. La «mannaia» di Carlo Cottarelli, il commissario alla revisione della spesa, sta per abbattersi sull’Arma dei carabinieri dopo anni di «tagli decimanti» che già hanno piegato la «spina dorsale» della Benemerita. Con la prospettata spending review ad avere la peggio potrebbe essere, come pare inevitabile, la sicurezza dei cittadini. È quanto emerge da uno studio interno elaborato dal Cocer dell’Arma, «disarmata» nell’attesa degli ulteriori tagli che non tengono conto della straordinaria e invasiva opera di razionalizzazione già messa in campo in questi anni dalla Benemerita.  Numeri e cifre di quanto già fatto; ricadute e conseguenze che rischiano di abbattersi sulle nostre divise. Eppure l'Arma, che ogni giorno rischia la vita dei suoi uomini, ha già dato, è già venuta incontro alle esigenze di cassa dei governi che si sono succeduti.

INTERVENTI GIÀ EFFETTUATI
A causa delle varie leggi finanziarie susseguitesi negli anni, i carabinieri sono stati «costretti» a rivedere la propria organizzazione, a chiudere uffici, eliminare auto, elicotteri, navi. Perché quando si parla di riformare stazioni e tenenze, è di questo che si tratta: «colpire» un uomo un divisa che si sveglia ogni mattina per proteggere lo Stato e i cittadini.  (...) Non è stato nemmeno possibile «proteggere» l'organizzazione addestrativa della Benemerita: sono infatti state soppresse due Scuole Allievi di Fossano (Cn) e Benevento.

VIA AUTO, AEREI, NAVI, ARTIFICIERI, ELICOTTERI
L'Arma, dunque, ha subìto colpi micidiali, colpi da cui, a bocce ferme, sarà difficile riprendersi, soprattutto se si pensa al resto: 178 unità e 51 elicotteri recuperati nel servizio aereo; 234 unità e144 mezzi nel servizio navale (con la relativa chiusura di 82 siti); 49 unità recuperate nel 2012 sul reparto Carabinieri Presidenza della Repubblica e Reggimento Corazzieri; dai nuclei cinofili altre 87, con la riduzione dei presidi a 21; è poi 55 unità dai Comandi Artificieri, 107 tra i tiratori scelti e 60 nell’ambito dei subacquei.

STAZIONI CHIUSE, COMPAGNIE A RISCHIO
I cittadini hanno potuto assistere alla «sparizione» delle stazioni dei carabinieri, perdendo un punto di riferimento imprenscindibile, una garanzia di protezione e «sicurezza», un «alleato» fidato e sempre presente. Sono state accorpate 31 stazioni. La «mannaia» rischia inevitabilmente di abbattersi anche su altre 32, sulle quali sono in corso di ulteriori approfondimenti. Sono stati, inoltre, soppressi due presidi presso scali ferroviari e aeroportuali, mentre sei compagnie sono state rimodulate in tenenze. Sono state soppresse sei compagnie, altre tre sono state spostate, avendo come fine l'accorpamento di 9 stazioni. In pochi dei comuni individuati la situazione e rimasta invariata. Interventi «massacranti» per la Benemerita, che consentirebbero sì di recuperare 276 «posizioni di impiego», ma a che prezzo?

GAZZELLE SPARITE E SICUREZZA A RISCHIO
Eppure è chiaro, assodato, accertato, che ogni volta che da un paese o quartiere sparisce una caserma, la «gazzella» non si vede più e al numero di telefono memorizzato da decenni (il 112) non risponde più nessuno, gli effetti sulla comunità sono pessimi. (...) Ed è quasi un mistero il come riescano ancora ad agire e svolgere il proprio lavoro, nonostante da sette anni i loro bilanci si siano drasticamente assottigliati. Allora c'è da chiedersi: come può uno Stato ordinare una sicurezza più oculata sul territorio e allo stesso stesso tempo tagliare le risorse economiche per attuarla?

UMILIATI E OFFESI, DIVISE A META’ STIPENDIO
La spending review ha creato fra gli uomini dell'Arma scoraggiamento e sofferenze. Negli ultimi anni leggi e decreti si sono abbattiti sulla Benemerita, mese dopo mese, anno dopo anno, sfiancando chi nell'Arma c'è da decenni e chi c'ha appena messo piede. E se nonostante ciò i carabinieri continuano a servire lo Stato fedelmente e proteggere i cittadini, dall'altro non si può far finta di non vedere che vengono trattati come gli «altri» dipendenti pubblici ignorando la loro specificità, che viene così calpestata, sminuita, messa in secondo piano.  Cos'è infatti, se non questo, il blocco degli aumenti stipendiali, quello dei contratti, l'accorpamento del contratto normo-economico triennale, il blocco degli avanzamenti nel grado, quello su alcune indennità come l’assegno di funzione, la rivisitazione del sistema pensionistico, il blocco ormai infinito della previdenza complementare. E il protrarsi anche nel 2014 del blocco delle retribuzioni relative alle promozioni e agli automatismi stipendiali, non può non alimentare un disagio palpabile, crescente, a volte ingestibile. 

Lo Stato ha dunque abbandonato i «suoi» carabinieri? Ha lasciato al loro destino quei servitori che «nei secoli» hanno dato e danno la vita per gli altri? Lo Stato dimentica che quegli stessi carabinieri hanno moltiplicato i loro sforzi con la inevitabile conseguenza di aver dovuto accantonare, trascurare, le loro famiglie per dedicarsi alla sicurezza dei cittadini?  
Lo Stato non sa che i carabinieri sempre più spesso si separano dalle proprie mogli e che molti di loro si suicidano, come dimostrano i numeri?  
È solo un dato statistico o non è un segnale drammatico di scelte sbagliate?  Oggi un carabiniere non finisce più la carriera nell’Ufficio/Comando che ha contribuito a far crescere; non ha certezze sulla pensione (chi va in pensione in questo momento storico subirà un notevole danno economico); non si vede riconosciuta la previdenza complementare; si vede congelati gli aumenti stipendiali, l’avanzamento nel grado, l’assegno di funzione; assiste al mancato riordino dei gradi che preclude la speranza di carriera e nemmeno al rinnovo dei contratti; non si vede più affiancato da carabinieri giovani a causa del blocco delle assunzioni. È troppo.  A causa del blocco parziale del turn over, la forza effettiva dell’Arma registra un deficit organico di 12.600 unità a fronte di una forza prevista dalle leggi di 117.920 unità. Signor Cottarelli legga queste cifre, e si metta una mano sulla coscienza.

     Luca Rocca   -  22.3.2014


La risposta ufficiale del Ministero sui suicidi nell'Arma:
"La Commissione centrale, sul fenomeno dei suicidi, presieduta dal Sottocapo di Stato Maggiore dell’Arma ha svolto un’attenta analisi degli episodi, verificando l’estraneità al servizio delle motivazioni a base del gesto, constatando l’assoluta genericità del profilo del militare a rischio (anagrafico, familiare, psicologico, culturale, economico, operativo) e infine, accertando la correttezza dei competenti interventi (di gestione del personale, amministrativi e d’impiego) prima e dopo l’evento, così da escludere con certezza la delusione di aspettative rispetto all’Amministrazione."
Per quanto attiene ai suicidi, il dato relativo al 2012 registra un aumento del 25% circa degli episodi rispetto al 2011. Anche per il 2012, come per gli anni precedenti, il dato riferito all’Arma dei Carabinieri costituisce la parte prevalente del dato complessivo delle Forze Armate.

La sindrome del sottoufficiale
Secondo uno studio medico pubblicato su "Il Messaggero", ad essere più facilmente portato a mettere in atto comportamenti di tipo suicidiario risulta essere la figura del sottoufficiale. Una spiegazione può risiedere nel ruolo intermediario tra l'area decisionale e progettuale dell'istituzione militare e l'area esecutiva. Un ruolo che risente di una doppia sollecitazione, dall'alto e dal basso, alla quale deve quotidianamente rispondere e che finisce per essere particolarmente stressogeno.

Commento:  I problemi principali non sono dovuti a Cottarelli ma ad altri importanti personaggi della Pubblica Amministrazione. Purtroppo l'operatività dei carabinieri non viene limitata solo dalla mancanza di soldi e di mezzi.
Per ora non facciamo nomi ... chi vuole informarsi può rivolgersi al gen. Antonio Pappalardo oppure parlare in privato con i carabinieri operativi sul territorio.

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Il gen. Gallitelli parlando del bilancio 2013: "come carabinieri abbiamo ricevuto 125 milioni in meno rispetto alle esigenze di pura sopravvivenza".