Venerdì 27 giugno alle 16 i Carabinieri di Segrate hanno sequestrato due Kg di hashish, in un'operazione congiunta con la Polizia di Sesto San Giovanni. Per sfuggire all’arresto, lo spacciatore è salito fino al quinto piano di una palazzina di via Nenni 9, nel quartiere di Rovagnasco di Segrate, e ha offerto soldi a un condomino che gli aveva aperto la porta, chiedendo di essere nascosto da alcune persone che lo inseguivano per aggredirlo. È finito in prigione con l’accusa di spaccio di droga,
M.I., 29enne di Carugate, che era stato intercettato
mentre consegnava ben due chili di hascisc a un suo compratore.
Il giovane, disoccupato e incensurato, si era messo in attività con un
38enne di Segrate, G.A., con diversi precedenti. . Quando i carabinieri sono entrati in azione, G.A. si è
subito arreso, mentre il giovane ciclista se l’è data a gambe
nascondendosi nella palazzina. Ai due sono stati sequestrati due panetti di hascisc da un chilo ciascuno.
In casa di M.I, a Carugate, la polizia ha scoperto cinquemila euro. I due
sono stati arrestati e attenderanno in carcere la
condanna per spaccio di stupefacenti.
Gli
investigatori: «Business per cosche calabresi e albanesi ». Le ‘ndrine
stanno trasformando zone rurali della Calabria in piantagioni di «erba»
In Lombardia, nel 2013, sono stati sequestrati quasi 2.500 chili di
marijuana (oltre 15 volte in più rispetto a 10 anni fa), quasi tutti nel
triangolo tra Milano, la Brianza, Como e Bergamo.
Sempre nel 2013, in Lombardia sono quasi dimezzati i sequestri di cocaina (626
chili intercettati), eroina (151) e hashish (3.542). Dati che non sono
sufficienti per indicare cambiamenti e prospettive nell’economia
criminale. Il quadro della marijuana è invece coerente (in costante e
massiccio aumento) su una scala di dieci anni. Ed è probabilmente il
risultato delle strategie dei gruppi del narcotraffico legati sia alla
‘ndrangheta, sia ai clan albanesi. La relazione della Dcsa conferma infine che Milano e la Lombardia
restano un mercato aperto, un territorio nel quale tutte le
organizzazioni internazionali (se ne hanno la forza e l’interesse)
possono lavorare, al contrario di quel che accade nelle Regioni del Sud.
Dice la relazione: «Gli stranieri risultati coinvolti nel narcotraffico
sono stati 2.428 e corrispondono al 20,85 di tutti gli stranieri
segnalati a livello nazionale; dato significativo è che, in Lombardia,
gli stranieri sono il 50,55 per cento dei denunciati, a fronte del 34,58
per cento della media nazionale». Nazionalità prevalenti: marocchina,
tunisina, e albanese.
Il ROS (Raggruppamento Operativo Speciale)
nasce il 3 dicembre del 1990,
e l'allora tenente colonnello Mori ne è uno dei fondatori.
La struttura, individuata quale Servizio Centrale Investigativo, assume, per l’Arma dei carabinieri, la competenza a livello
nazionale delle indagini nel settore della criminalità organizzata e terroristica. Mario Mori
ne cura la definizione della struttura ordinativa e della dottrina d’impiego,
assumendo anche il comando del I Reparto.
Nel libro "Ad Alto Rischio", scritto a quattro mani con il giornalista Giovanni Fasanella, il generale Mori non svela segreti di stato ma esprime con franchezza il suo punto di vista su molti argomenti interessanti.
Mario Mori sulle sue origini: "Sono nato a Postumia Grotte (ex-territorio di Trieste) il 16 maggio 1939. Vuol dire che sono nato in Italia e otto anni dopo la mia terra non era più italiana. Non mi considero un profugo in senso stretto ma oggi posso dire di non aver mai apprezzato il modo con cui il governo italiano si è sbarazzato dell'ingombrante problema rappresentato da quelle terre e da quelle popolazioni. L'esperienza della frontiera, il limite oltre il quale c'è un nemico mortale, tanto più insidioso in quanto a un passo da casa, ha condizionato l'intera storia italiana del dopoguerra e naturalmente anche quella della famiglia Mori e la mia personale. Mio padre Francesco era un ufficiale dei Carabinieri. Io ne ho seguito le vicende e i trasferimenti, e quindi ho dovuto compiere i miei studi in giro per l'Italia. Ho accompagnato mio padre nelle sue peregrinazioni, ne ho condiviso i disagi che spesso procura la vita da carabiniere, ma anche l'esempio, i valori morali, i principi. E ne ho seguito le orme professionali. Frequentai i corsi dell'Accademia militare di Modena e quelli della Scuola di applicazione di Torino. Poi entrai nell'Arma e nel 1966 fui promosso tenente."
Alcune testimonianze di. Mario Mori sulla nascita del
ROS:
“La selezione degli uomini avveniva solo per chiamata
diretta, uno ad uno, perché cercavamo solo personale specializzato e con
un’esperienza di impiego continuativo in settori operativi; meglio pochi ma buoni.”
“La filosofia del nuovo codice di procedura penale aveva
determinato una sorta di genericità professionale e di deresponsabilizzazione,
persino una riluttanza all’impiego totale delle strutture nell’attività
investigativa.”
“Nella lotta contro il nemico servivano specializzazione e
duttilità.”
“Quando ero con Alberto Dalla Chiesa al nucleo
anti-terrorismo ci diceva sempre: ‘doveste sforzarvi di conoscere - e possibilmente
anche usare – il vocabolario e le tecniche dei vostri avversari, perché così
sarete in grado di individuare il filo conduttore dei loro ragionamenti e di
anticipare le loro mosse'.”
“Tra i primi uomini del ROS devo citare il maresciallo
Giuseppe Sibilia, una persona colta, solare e di grande sensibilità; era stato
uno dei più stretti collaboratori del colonnello Giuseppe Russo, ucciso dalla
mafia nel 1977; con i suoi insegnamenti e i suoi consigli il maresciallo
Sibilia non è solo un prezioso collaboratore, è un fratello maggiore”.
“Fin dai primi tempi abbiamo acquisito un vantaggio
strategico rispetto al nostro avversario raggiungendo una “superiorità
informativa”; perché questo era il principio base che ispirava l’intera
dottrina del reparto, un concetto semplice ma efficace: acquisire più dati
possibili sui tuoi nemici senza farti scoprire e conoscere.” "Il ROS non si è mai appiattito sui teoremi, sulle verità preconfezionate. Ha invece percorso strade molto spesso scomode e pe rquesto ha subito gli attacchi dei benpensanti. Soprattutto nei primi anni, il ROS è finito nel mirino dei "professionisti dell'antimafia" come li definiva un intellettuale acuto come Leonardo Sciascia, il quale, da siciliano profondamente conoscitore della sua cultura e della sua psicologia, sapeva benissimo che il confine tra il Bene e il Male non è mai nettissimo. Noi del ROS costituivamo una minaccia per l'equilibrio imposto dai corleonesi e dai loro protettori. Ci furono avevrtimenti con inviti chiarissimi e trasversali a rietrare nei ranghi e a tenere comportamenti investigativi più allineati; inviti che naturalmente non accogliemmo, perché sapevamo di essere dalla parte della ragione."
Commenti conclusivi del libro: "Nel
corso della vita di ciascuno di noi affiora sempre la tentazione di
limitare i danni, esponendosi poco e lesinando la
fiducia. Ma non sempre la ricerca del quieto vivere è la soluzione migliore,
soprattutto quando hai a che fare con altri uomini, come capita a chi
detiene il comando. Se potessi tornare indietro, alcune cose non le
rifarei, ma non sono molte. Ho affrontato gli impegni della mia
professione sempre con convinzione e con risultati che sono andati anche
ben oltre i miei reali meriti. E se è vero che si vive per quello che si dà, io sono molto soddisfatto di quello che ho dato e ricevuto".
Effetti della spending review ... non solo i carabinieri devono ridursi a ricevere regali.
Grazie all’impegno del Questore Luigi Savina, che in barba alla
spending review è riuscito a rimettere in moto – nel vero senso della
parola – gli agenti che formavano lo storico Reparto Motociclisti
Nibbio,il cui livello di attività era calato negli ultimi anni causa
mancanza fondi e mezzi adeguati allo scopo (le loro motociclette risalivano al 2001, erano ormai inservibili). Con la collaborazione di
Bmw Motorrad Italia, che fornisce otto (ma diventeranno dieci a breve) F
700 Gs con Abs alla Questura, e di Dainese, che ha sviluppato speciali
uniformi dotate di airbag wireless integrato per proteggere schiena,
clavicole e torace nel malaugurato caso di una caduta, torna così ad
essere operativo un gruppo di ragazzi mossi da una grande passione,
uomini che in passato hanno sempre avuto un rapporto molto stretto con
la città di Milano e il suo tessuto sociale. Una bella iniziativa che, in un momento non facile per le casse delle
forze dell’ordine, deve molto anche all’iniziativa di anonimi sponsor
istituzionali privati, il cui ruolo è stato fondamentale per la
realizzazione del progetto.
Il Prefetto di Perugia Antonio Reppucci, è stato rimoso dall'incarico a seguito di alcune espressioni troppo forti da lui pronunciate nel corso di una conferenza stampa.
Reppucci si difende spiegando che il suo è stato solo un invito a fare squadra, a fare sistema: "ho voluto invitare a difendere Perugia, a fare gioco di squadra tutti insieme, con le Forze di Polizia che fanno già un lavoro egregio; a loro si devono unire però anche le forze della società civile, compresa la famiglia."
Qual'è il vero problema
da rimuovere, un prefetto dal linguaggio troppo colorito oppure i 500
spacciatori, in gran parte tunisini, che la sera impongono il coprifuoco alla città di Perugia ?
Un
morto per overdose ogni 15 giorni. Quasi 300 arresti all’anno. Più di 100.000
siringhe da insulina, quelle usate per iniettarsi l’eroina, vendute nelle
farmacie comunali, e oltre 200 interventi del 118 che hanno salvato la vita a
persone che rischiavano la vita per overdose. Questi dati non si riferiscono a
Scampia o a Quarto Oggiaro, ma a quella che fino a pochi anni fa era
considerata una delle città più vivibili e tranquille d’Italia: Perugia.
Perugia è ormaila capitale della droga. In qualunque altra regione o provincia del Nord
e del Sud i morti per overdose scendono anno dopo anno e qui invece salgono.
Nel 2011 il capoluogo umbro ha raggiunto il non invidiabile primato europeo
del consumo di eroina, con ben 5 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti, e se
si pensa che al terzo posto si è piazzata Terni con 3 dosi al giorno, si
capiscono le dimensioni di un problema che ha ormai da moltissimo tempo
superato la soglia di guardia. Perfino nel centro della città, proprio davanti al
Duomo, può capitare che i pusher ti offrano direttamente la droga, per poi
vendertela nei vicoli lì vicino. La città è letteralmente assediata dagli
spacciatori, e non si esagera. La Polizia calcola che ogni giorno a Perugia
venga spacciato oltre mezzo chilo di eroina al giorno, e che siano più di
500 gli spacciatori quotidianamente attivi su piazza, per lo più tunisini. Sono i numeri di una guerra. Le cause sono molteplici: la presenza
di migliaia di studenti, la centralità geografica della città, la scarsità di
risorse delle forze dell’ordine, l’immigrazione clandestina. Ma la diffusione così ingente di
questo fenomeno fa emergere anche un altro dato, se possibile ancor più
allarmante, per non dire deprimente. La città quasi sempre, davanti a una
situazione così grave, troppo spesso preferisce voltare la testa da un’altra
parte. I commercianti e i frequentatori del centro tollerano che lo spaccio
e il consumo avvenga a cielo aperto, forse temendo ritorsioni. Accanto alla
“Perugia omertosa” c’è poi la “Perugia complice”, una zona grigia della
città che guadagna con l’indotto della droga e, quindi, ha convenienza a tacere
su tutto. Si tratta di avvocati che adottano ogni escamotage per
proteggere gli spacciatori con alta disponibilità di liquidi, di commercialisti
pronti a offrire contratti di lavoro fittizi per coprire l’attività di spaccio
dei pusher, di proprietari di casa che affittano scantinati senza
chiedere spiegazioni. Salvo poi lamentarsi della situazione ormai
insostenibile. A questo si aggiunga che l’80% dei consumatori sono persone
residenti in Umbria. Quando arriva la sera, a
Perugia c’è il coprifuoco,
la gente si chiude dentro casa. I residenti vanno via, lasciando il centro in
mano ai tunisini. Al posto degli eleganti negozi e cioccolaterie di Corso Vannucci,
sempre di più aprono paninoteche, kebabbari e baretti che vendono alcolici a
basso prezzo. Lo spaccio porta altra
criminalità, come dimostrato nei video. Le risse e gli atti vandalici in
pieno centro storico sono ormai all’ordine del giorno. C’è stata anche una
sparatoria, una faida tra spacciatori tunisini e albanesi per un mancato
pagamento. Il tutto davanti al Duomo della città. Quella stessa città che ha
ormai smarrito sé stessa, e che viene abbandonata dai suoi stessi cittadini. Un incubo, da cui Perugia non sembra saper uscire.
A 18 mesi dalla morte dell'appuntato scelto Giovanni Sali il delitto rimane irrisolto, nei nostri cuori rimane una ferita aperta.
Era il 3 novembre del 2012 quando il carabiniere di quartiere Giovanni Sali, un uomo apprezzato e benvoluto da tutti, perse la vita in
quello che a tutt’oggi è un caso senza risposte. Un agguato? O che
altro? Sali rimase ucciso nel centro storico da due colpi esplosi dalla sua
stessa pistola Beretta di ordinanza. Gli uomini del Ris di Parma avevano trascorso diverse ore sul posto nel tentativo di
ricostruire la dinamica del delitto. Nel momento dell'aggressione, alle 17:30, nella adiacente chiesa della Maddalena c'era la messa, interrotta per qualche istante proprio per via delle tre detonazioni, sentite nitidamente da tutti. In via Indipendenza, subito dopo i colpi, un cittadino è corso a vedere cos'era accaduto, che non ha visto nessuno.
E
nel momento dell'aggressione, nella adiacente chiesa della Maddalena,
c'era la messa, interrotta per qualche istante proprio per via delle tre
detonazioni, sentite nitidamente da tutti. In via Indipendenza, subito
dopo i colpi, un cittadino è corso a vedere cos'era accaduto, che non ha
visto nessuno. A poche decine di metri dalla piazza antistante la
chiesa c'era anche un gazebo dell'Anpi dove si stava svolgendo una
castagnata. Nessuno ha visto qualcuno allontanarsi. - See more at:
http://www.nottecriminale.it/lodi-il-mistero-dell-omicidio-di-giovanni-sali-si-infittisce-come-e-scappato-l-assassino-se-nessuno-ha-visto-qualcuno-fuggire.html#sthash.GqzD1RXz.dpuf
E
nel momento dell'aggressione, nella adiacente chiesa della Maddalena,
c'era la messa, interrotta per qualche istante proprio per via delle tre
detonazioni, sentite nitidamente da tutti. In via Indipendenza, subito
dopo i colpi, un cittadino è corso a vedere cos'era accaduto, che non ha
visto nessuno. A poche decine di metri dalla piazza antistante la
chiesa c'era anche un gazebo dell'Anpi dove si stava svolgendo una
castagnata. Nessuno ha visto qualcuno allontanarsi. - See more at:
http://www.nottecriminale.it/lodi-il-mistero-dell-omicidio-di-giovanni-sali-si-infittisce-come-e-scappato-l-assassino-se-nessuno-ha-visto-qualcuno-fuggire.html#sthash.GqzD1RXz.dpuf
ANC
Segrate era presente ai funerali solenni, assieme a una folta
rappresentanza delle ANC di tutta la zona.
Anche se il fascicolo in procura è
aperto, non ci sarebbe nessuna novità. "Purtroppo
tutto tace - hanno recentemente dichiarato i famigliari di Sali -, le
indagini non sono facili, ma questo silenzio ci ammazza ancora di più".
"Ci stiamo muovendo in tutte le
direzioni, anche se in questo momento non ci sono elementi favorevoli
alle indagini", ha dichiarato il procuratore Vincenzo Russo, che denuncia anche "una diffusa omertà" tra i possibili testimoni.
7 dicembre 2012 - Un altro carabiniere morto nel Lodigiano. Una trama che si infittisce di giallo. Pasquale Lo Muscio, 43 anni, sposato e padre di un figlio, è stato trovato morto ieri notte nella caserma di Zelo Buon Persico. Il militare, maresciallo che dirigeva proprio quella caserma, si è tolto la vita con un colpo di pistola.
Il comandante si è ucciso mentre era solo in ufficio (niente testimoni) e a ritrovare il
corpo sono stati i colleghi che rientravano da un servizio di
pattugliamento sul territorio. L'uomo aveva lavorato a lungo anche a Cavenago d'Adda e aveva avuto modo di collaborare anche con Giovanni Sali,
il carabiniere di quartiere ucciso a Lodi poco più di un mese fa e per
la cui morte non sono stati ancora trovati né colpevoli né spiegazioni.
Due morti violente di carabinieri in poche settimane. Il giallo si infittisce.
Luglio 2010. Un pomeriggio afoso, nel quale viene trovato morto, nella sua Alfa 147, il carabiniere Fabrizio Iezzi,
29 anni. Era sotto un cavalcavia dell’autostrada del Sole a poche
centinaia di metri dal casello Piacenza Nord, nel Lodigiano, tra
Guardamiglio e San Rocco al Porto. Gli agenti della Polstrada, i primi a
intervenire, vedono il corpo di Fabrizio riverso sul sedile, la camicia
imbrattata di sangue e un buco vicino al cuore. L’uomo impugna la
pistola. Ma qualcosa non quadra: un altro colpo è partito dalla pistola
d’ordinanza, ma è fuoriuscito dal lunotto posteriore dell’auto. Suicidio
od omicidio? Il giallo, da allora, è rimasto tale. L’inchiesta è in mano
alla Procura di Lodi. Secondo indiscrezioni, Fabrizio stava indagando
su un giro grosso, su gente piena di soldi che voleva acquistare terreni
in Brianza pagando contanti migliaia di euro. Pochi mesi prima, gli era
stata rubata una ricetrasmittente. (...) Ma il vero interrogativo dell'inchiesta è che, inspiegabilmente l'autopsia non è stata eseguita e che non sono state ancora ricostruite quelle due ore di buco che vanno dalle 11 alle 13. Le ultime prima della sua morte. Nel tardo pomeriggio di quel sabato 3 luglio, senza alcuna
autorizzazione, (tanto che il fratello ha presentato denuncia)
l'armadietto di Iezzi in caserma viene scardinato e i computer personali
ispezionati.
Nessuna perizia è stata disposta per capire se qualche dato era stato cancellato. Secondo la testimonianze di suoi amici, Fabrizio era intenzionato a lasciare la caserma di Milano e trasferirsi a Monza per unirisi al gruppo lavorava per sgominare l’ndrangheta(indagando in particolare sulle speculazioni edilizie in Brianza). Il sostituto procuratore di Lodi, Paolo Nicola Filippini, titolare
dell'inchiesta, oltre al suicidio ipotizza l'istigazione al suicidio. Pochi mesi più tardi il fascicolo sul “suicidio” di Fabrizio Iezzi è stato
assegnato dalla Procura di Lodi al pubblico ministero Gianpaolo
Melchionna che lo ha ereditato dal collega Paolo Nicola Filippini,
trasferito a Milano.
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I soci ANC potrebbero fare qualcosa di più oltre a mostrare le bandiere abbrunate ai funerali ?
La
'ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene
comune". - See more at:
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Il-Papa-scomunica-i-mafiosi-ndrangheta-adorazione-del-male-99a51e72-9afe-438f-a5d3-da2390431705.html?refresh_ce#sthash.1zGQCbsp.dpuf
Nel 2013, nella lotta contro la criminalità, l'Arma dei Carabinieri con 110mila uomini ha ottenuto il 65% dei risultati, le altre forze di polizia, con circa 300mila uomini, solo il 35%.
Un capo-pattuglia del nucleo radiomobile di Milano mi ha confidato di recente che, quando ci sono problemi seri, la P.L. chiede sempre l'intervento dei carabinieri per risolvere la faccenda ... Considerando la continua crescita del micro-crimine, non sarebbe il caso di rivalutare gli ex-carabinieri ausiliari, uomini con un potenziale enorme che sono stati totalmente dimenticati dallo Stato?
Da anni i volontari di ANC Segrate si affiancano alla Polizia Provinciale e al servizio di sicurezza dell'Idroscalo di Milano in occasione delle principali manifestazioni sportive. Spesso siamo aiutati dai nostri amici di ANC Pioltello. Nell'estate del 2014 ANC Segrate è presente in Idroscalo anche in tutti i fine-settimana del periodo estivo.
Segrate: i pendolari promuovono le ronde dei volontari
da "il Giorno": I
viaggiatori sono soddisfatti. L'esperimento criticato in tante città
qui ha funzionato: stazione iper-vigilata e passeggeri sicuri grazie ai
volontari.
Segrate, dal 15 ottobre 2010 - Trenta angeli custodi al
fianco dei pendolari, in servizio nelle ore serali per tenere la
criminalità fuori dai cancelli della stazione. Ogni sera, dalle 18 alle
21, una task force di volontari aiuta i viaggiatori della Passane Ferroviario a
sentirsi più sicuri, con un occhio vigile puntato sulle banchine
ferroviarie, l’area di sosta degli autobus e il parcheggio situato di
fronte alla stazione di Segrate. Protagonisti di questa esperienza
pilota, rimasta unica su tutto il territorio, sono i militari in congedo
dell’Associazione Nazionale Carabinieri (Anc). Dodici mesi dopo l’avvio del programma sicurezza, emerge
un bilancio assolutamente positivo. "La gente apprezza il nostro lavoro - spiega Alvise
Gorla, presidente dell’Associazione Nazionale Carabinieri di Segrate. Quando la
sera i pendolari arrivano alla stazione dopo una giornata di lavoro,
trovano sempre dei nostri volontari pronti ad aspettarli. Le persone si
sentono più tranquille, perché sanno di poter contare su di noi". Il
progetto, che è partito in modo sperimentale nell’ottobre del 2009, ha
migliorato la situazione in una zona isolata e senza punti di
riferimento. Solo cantieri aperti e degrado. "La nostra presenza fa da deterrente ai
malintenzionati - continua Gorla - il nostro lavoro
quotidiano aiuta la gente a sentirsi protetta (...) e i malviventi sanno che i nostri volontari
hanno il controllo totale della situazione".
"La stazione di Santa Maria Novella a
Firenze è ostaggio di una cinquantina di rom che sostano dalla mattina
alla sera sulle banchine degli Eurostar e di NTV (Italo, per intenderci) in cerca del «pollo da spennare». E
non appena il treno apre le porte, eccoli salire a bordo in gruppi di
tre o quattro, adocchiare portafogli e borse, agguantarli e, con scatto
felino, correre via con il malloppo. I turisti sono esasperati, i
ferrovieri anche. E alcuni agenti della polizia ferroviaria, stressati
dalla situazione, hanno perfino chiesto il trasferimento. In otto
controllano tutta la stazione, davvero pochi per arginare quella che si è
trasformata in una cancrena: «Per tenere d’occhio i nomadi siamo
costretti a tralasciare servizi di controllo molto più importanti, come
sullo spaccio e sui furti, che sono aumentati a dismisura», raccontano
alcuni poliziotti mentre, per l’ennesima volta, cercano di allontanare i
rom dai binari. Tutto inutile: viene
annunciato il treno in arrivo da Roma e diretto a Venezia, e allora
eccoli di nuovo spostarsi, correre verso i binari, assaltare i
viaggiatori, rispondere a muso duro ai capitreno, spesso e volentieri,
oggetto anche di violenze. Com’è accaduto venerdì scorso, quando è
dovuta intervenire perfino un’ambulanza del 118: dopo aver cercato di
far scendere dall’Eurostar cinque rom, il dipendente delle ferrovie è
stato accerchiato, spintonato e preso per il bavero. Per il capotreno,
cinque giorni di prognosi e uno spavento non da poco. O come due
settimane fa, quando un’altra dipendente di FS si è presa un bel
calcione nel sedere perché aveva cercato di aiutare una turista a
caricare sul treno le sue borse. Nei mesi scorsi il questore di Firenze
Raffaele Micillo, per liberare Santa Maria Novella da mendicanti, nomadi
e ubriachi, aveva dato il via a un’operazione interforze che impegnava
un centinaio tra carabinieri, finanzieri, forestali, vigili urbani e
poliziotti. E per un po’ è sembrato che il problema fosse stato risolto,
per poi tornare più virulento di prima nel momento esatto in cui le
forze dell’ordine hanno abbandonato la stazione".
ROMA - Ore 7 del mattino di venerdì. La stazione
Termini comincia a prendere vita. Ti guardi in giro, provi una strana
sensazione. Sì, proprio così. Nemmeno un poliziotto né un carabiniere.
Meno che mai un’auto di una forza dell’ordine. La prova è in quel
gruppetto di otto-dieci giovanissime ragazze in jeans, maglietta, ben
pettinate. Parlano tra loro in una lingua indecifrabile, ma è facile
immaginare la provenienza. Sono le nuove modalità della delinquenza
organizzata: non spaventare i turisti con un aspetto sporco e malmesso.
Arriva un gruppo di giapponesi. Il nugolo si avvicina, comincia ad
afferrare i bagagli a mano e i carrelli, parlando frammenti di inglese e
sorridendo, giocando la carta della confusione. I turisti capiscono,
quasi fuggono. Lo stesso succede con altri stranieri, probabilmente
russi, che accelerano il passo.
Un ragazzo molto giovane, alto, di colore (americano?) ha l’aria
smarrita davanti al bancomat. Lo circondano in quattro, gli prendono la
carta di credito sempre col sorriso, lui è disorientato. Scatta la
solidarietà tra i passanti. In inglese gli gridano: «Pay attention!»,
fai attenzione. Le ragazze si girano, urlando furiose in un italiano
incerto: «Pensa i fatti tuoi, capito?». L’assenza di divise regala
coraggio. Si muovono in tre-quattro verso chi ha sventato il furto.
Laggiù una passeggera non giovane ha ceduto, due ragazzine hanno già la
sua borsa in mano. Ecco il treno per Milano, ci sono altre
ragazze«aiutate» da robusti coetanei. Anche oltre i varchi, non un
poliziotto né un addetto alla vigilanza, meno che mai le transenne per
vietare l’ingresso a chi non ha il biglietto.
Dal mese di maggio 2014, nella nuova sede in Via Degli Alpini, ospitiamo l'ispettorato ANC della regione Lombardia, guidato dal generale Nazzareno Giovannelli:
L’Arma ha già pagato il suo tributo ai risparmi. Caserme, stipendi, uomini e mezzi: i dati choc
Duramente colpiti, ridimensionati, quasi privati della capacità di
reazione. La «mannaia» di Carlo Cottarelli, il commissario alla
revisione della spesa, sta per abbattersi sull’Arma dei carabinieri dopo
anni di «tagli decimanti» che già hanno piegato la «spina dorsale»
della Benemerita. Con la prospettata spending review ad avere la peggio
potrebbe essere, come pare inevitabile, la sicurezza dei cittadini. È
quanto emerge da uno studio interno elaborato dal Cocer dell’Arma,
«disarmata» nell’attesa degli ulteriori tagli che non tengono conto
della straordinaria e invasiva opera di razionalizzazione già messa in
campo in questi anni dalla Benemerita. Numeri e cifre di quanto già
fatto; ricadute e conseguenze che rischiano di abbattersi sulle nostre divise. Eppure l'Arma, che ogni giorno rischia la vita dei suoi uomini, ha
già dato, è già venuta incontro alle esigenze di cassa dei governi
che si sono succeduti.
INTERVENTI GIÀ EFFETTUATI
A causa delle varie leggi finanziarie susseguitesi negli anni, i
carabinieri sono stati «costretti» a rivedere la propria organizzazione, a chiudere
uffici, eliminare auto, elicotteri, navi. Perché quando si parla di
riformare stazioni e tenenze, è di questo che si tratta: «colpire» un
uomo un divisa che si sveglia ogni mattina per proteggere lo Stato e i
cittadini. (...) Non è stato nemmeno possibile «proteggere»
l'organizzazione addestrativa della Benemerita: sono infatti state
soppresse due Scuole Allievi di Fossano (Cn) e Benevento.
VIA AUTO, AEREI, NAVI, ARTIFICIERI, ELICOTTERI
L'Arma, dunque, ha subìto colpi micidiali, colpi da cui, a bocce ferme,
sarà difficile riprendersi, soprattutto se si pensa al resto: 178 unità
e 51 elicotteri recuperati nel servizio aereo; 234 unità e144 mezzi nel
servizio navale (con la relativa chiusura di 82 siti); 49 unità
recuperate nel 2012 sul reparto Carabinieri Presidenza della Repubblica e
Reggimento Corazzieri; dai nuclei cinofili altre 87, con la riduzione
dei presidi a 21; è poi 55 unità dai Comandi Artificieri, 107 tra i
tiratori scelti e 60 nell’ambito dei subacquei.
STAZIONI CHIUSE, COMPAGNIE A RISCHIO
I cittadini hanno potuto assistere alla «sparizione» delle stazioni dei
carabinieri, perdendo un punto di riferimento imprenscindibile, una
garanzia di protezione e «sicurezza», un «alleato» fidato e sempre
presente. Sono state accorpate 31 stazioni. La «mannaia» rischia inevitabilmente di abbattersi anche
su altre 32, sulle quali sono in corso di ulteriori approfondimenti.
Sono stati, inoltre, soppressi due presidi presso scali ferroviari e
aeroportuali, mentre sei compagnie sono state rimodulate in tenenze. Sono state soppresse sei compagnie, altre tre sono state
spostate, avendo come fine l'accorpamento di 9 stazioni. In pochi dei
comuni individuati la situazione e rimasta invariata. Interventi
«massacranti» per la Benemerita, che consentirebbero sì di recuperare
276 «posizioni di impiego», ma a che prezzo?
GAZZELLE SPARITE E SICUREZZA A RISCHIO
Eppure è chiaro, assodato, accertato, che ogni volta che da un paese o
quartiere sparisce una caserma, la «gazzella» non si vede più e al
numero di telefono memorizzato da decenni (il 112) non risponde più
nessuno, gli effetti sulla comunità sono pessimi. (...) Ed è quasi un
mistero il come riescano ancora ad agire e svolgere il proprio lavoro,
nonostante da sette anni i loro bilanci si siano drasticamente
assottigliati. Allora c'è da chiedersi: come può uno Stato ordinare una
sicurezza più oculata sul territorio e allo stesso stesso tempo tagliare
le risorse economiche per attuarla?
UMILIATI E OFFESI, DIVISE A META’ STIPENDIO
La spending review ha creato fra gli uomini dell'Arma scoraggiamento e
sofferenze. Negli ultimi anni leggi e decreti si sono abbattiti sulla
Benemerita, mese dopo mese, anno dopo anno, sfiancando chi nell'Arma c'è
da decenni e chi c'ha appena messo piede. E se nonostante ciò i
carabinieri continuano a servire lo Stato fedelmente e proteggere i
cittadini, dall'altro non si può far finta di non vedere che vengono
trattati come gli «altri» dipendenti pubblici ignorando la loro
specificità, che viene così calpestata, sminuita, messa in secondo
piano. Cos'è infatti, se non questo, il blocco degli aumenti
stipendiali, quello dei contratti, l'accorpamento del contratto
normo-economico triennale, il blocco degli avanzamenti nel grado, quello
su alcune indennità come l’assegno di funzione, la rivisitazione del
sistema pensionistico, il blocco ormai infinito della previdenza
complementare. E il protrarsi anche nel 2014 del blocco delle
retribuzioni relative alle promozioni e agli automatismi stipendiali,
non può non alimentare un disagio palpabile, crescente, a volte
ingestibile.
Lo Stato ha dunque abbandonato i «suoi» carabinieri? Ha lasciato al
loro destino quei servitori che «nei secoli» hanno dato e danno la vita
per gli altri? Lo Stato dimentica che quegli stessi carabinieri hanno
moltiplicato i loro sforzi con la inevitabile conseguenza di aver dovuto
accantonare, trascurare, le loro famiglie per dedicarsi alla sicurezza
dei cittadini? Lo Stato non sa che i carabinieri sempre più spesso si
separano dalle proprie mogli e che molti di loro si suicidano, come
dimostrano i numeri?
È solo un dato statistico o non è un segnale
drammatico di scelte sbagliate? Oggi un carabiniere non finisce più la
carriera nell’Ufficio/Comando che ha contribuito a far crescere; non ha
certezze sulla pensione (chi va in pensione in questo momento storico
subirà un notevole danno economico); non si vede riconosciuta la
previdenza complementare; si vede congelati gli aumenti stipendiali,
l’avanzamento nel grado, l’assegno di funzione; assiste al mancato
riordino dei gradi che preclude la speranza di carriera e nemmeno al
rinnovo dei contratti; non si vede più affiancato da carabinieri giovani
a causa del blocco delle assunzioni. È troppo. A causa del blocco
parziale del turn over, la forza effettiva dell’Arma registra un deficit
organico di 12.600 unità a fronte di una forza prevista dalle leggi di
117.920 unità. Signor Cottarelli legga queste cifre, e si metta una mano
sulla coscienza.
La risposta ufficiale del Ministero sui suicidi nell'Arma: "La Commissione centrale, sul fenomeno dei suicidi, presieduta dal Sottocapo di Stato Maggiore dell’Arma ha svolto un’attenta analisi degli episodi, verificando l’estraneità al servizio delle motivazioni a base del gesto, constatando l’assoluta genericità del profilo del militare a rischio (anagrafico, familiare, psicologico, culturale, economico, operativo) e infine, accertando la correttezza dei competenti interventi (di gestione del personale, amministrativi e d’impiego) prima e dopo l’evento, così da escludere con certezza la delusione di aspettative rispetto all’Amministrazione."
Per quanto attiene ai suicidi, il dato relativo al 2012 registra un aumento del 25% circa degli episodi rispetto al 2011. Anche per il 2012, come per gli anni precedenti, il dato riferito all’Arma dei Carabinieri costituisce la parte prevalente del dato complessivo delle Forze Armate.
La sindrome del sottoufficiale Secondo uno studio medico pubblicato su "Il Messaggero", ad
essere più facilmente portato a mettere in atto comportamenti di tipo
suicidiario risulta essere la figura del sottoufficiale. Una spiegazione
può risiedere nel ruolo intermediario tra l'area decisionale e
progettuale dell'istituzione militare e l'area esecutiva. Un ruolo che
risente di una doppia sollecitazione, dall'alto e dal basso, alla quale
deve quotidianamente rispondere e che finisce per essere particolarmente
stressogeno.
Commento: I problemi principali non sono dovuti a Cottarelli ma ad altri importanti personaggi della Pubblica Amministrazione. Purtroppo l'operatività dei carabinieri non viene limitata solo dalla mancanza di soldi e di mezzi. Per ora non facciamo nomi ... chi vuole informarsi può rivolgersi al gen. Antonio Pappalardo oppure parlare in privato con i carabinieri operativi sul territorio.
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Il gen. Gallitelli parlando del bilancio 2013: "come carabinieri abbiamo ricevuto 125 milioni in meno rispetto alle esigenze di pura sopravvivenza".
"Certe cose non si fanno per coraggio, si fanno solo per
guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri
figli".
"Se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello
dello Stato, delle sue Istituzioni e delle sue Leggi; non possiamo oltre
delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai
disonesti."
"La giustizia è un orizzonte irraggiungibile. Noi possiamo soltanto
continuare a camminare verso di esso non perdendolo mai di vista.
Sono piccoli passi, percentuali di successo bassissime, ma non
bisogna mai girare le spalle, altrimenti rischiamo di non vederlo
più."
"Amo soprattutto i miei carabinieri, di oggi e di ieri, di ogni ordine e grado, anche quelli che non sono più."
La figura di C.A. Dalla Chiesa, giovane ufficiale dei Carabinieri in Sicilia, ha ispirato il famoso romanzo "Il giorno della Civetta" di Leonardo Sciascia, da cui è stato tratto un film con Claudia Cardinale e Franco Nero:
"L'umanità [...] la divido in cinque categorie: gli uomini, i
mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i
quaquaraquà". Questa bella citazione dal romanzo di Sciascia si trova
nel Vocabolario della lingua italiana Treccani, che, in qualche
modo, dà una definizione articolata e onnicomprensiva: "chi parla
troppo, quindi chiacchierone (e, nel gergo della mafia, delatore), o
anche a persona alla cui loquacità non corrispondono capacità effettive,
e perciò scarsamente affidabile". Lo studioso siciliano Salvatore Claudio Sgroi ha fatto le
pulci a queste definizioni, spiegando che "la parola proviene dal
siciliano quacquaraquà e vale 'individuo senza spina dorsale,
inutile, inconcludente'" e annotando che in dialetto il termine indica
in particolare il verso della quaglia. In siciliano è presente anche la
variante quaquaraquà - nella grafia, cioè, più correntemente
adottata in lingua -, nel significato di 'zolfataio di scarso
rendimento'. Niente a che fare, comunque, secondo Sgroi, con la mafia e
l'eccessiva loquacità. In seguito, Manlio Cortelazzo e Carla Marcato,
nel Dizionario Etimologico - I dialetti italiani, hanno fatto propria l'interpretazione data da Sgroi ("uomo da nulla, uomo vile").
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/?f=a:10507>