Fabio Roia |
il magistrato Fabio Roia (presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano) intervistato dal giornalista Stefano Zurlo
Aprile 2017
Siamo alle solite. I giornali sono inzuppati di storie di cronaca nera: carcerati che vengono scarcerati, pene che annegano nell'incertezza, statistiche impietose sulla sicurezza e la sua percezione.
“Lo so - attacca Fabio Roia, uno dei più noti giudici
italiani, ex membro del Csm e oggi presidente della sezione delle misure di
prevenzione del tribunale di Milano - i quotidiani li leggiamo pure noi”.
Dottor Roia, l'opinione pubblica è disorientata.
“Noi magistrati applichiamo la legge”.
È il gioco del cerino?
“No, è la realtà, poi per carità anche noi sbagliamo”.
Repubblica svela alcuni dati scioccanti elaborati dal Dap:
su circa 10 mila rapinatori arrestati nel 2015 la metà è già fuori. Possibile?
“Scusi ma lei si è scordato lo Svuotacarceri”.
Il decreto legge dell'estate del 2013?
“Certo. Premessa: in Italia la custodia cautelare in carcere
è un'eccezione. E l'indagato è presunto innocente fino alla sentenza di
condanna. Di più: condanna definitiva. Nel 2013 il legislatore ha trasformato
il carcere preventivo nell'eccezione dell'eccezione”.
In che modo?
“Il legislatore ha stabilito che non si può dare la custodia
in carcere per un reato per cui non sia prevista una pena massima inferiore ai
5 anni”.
Tradotto?
“Abbiamo armi spuntate per contrastare illeciti anche odiosi
dal punto di vista sociale e che destano sconcerto nell' opinione pubblica”.
L'elenco di questi reati?
“Il furto non aggravato o il piccolo spaccio”.
In concreto come funziona la norma?
“Io devo partire dal reato”.
Se la pena massima è inferiore ai 5 anni?
“Il discorso si chiude subito”.
È il caso classico dello spacciatore sotto casa?
“Certo. Io capisco che la gente s'indigni, ma quella è la
norma: tu arresti lo spacciatore ma poi lo devi rimettere fuori subito.
L'indomani magari quello è ancora sul marciapiede con le sue dosi”.
Scusi, ma il magistrato non può riarrestarlo di nuovo?
“Certo, ma poi deve scarcerarlo subito”.
Due volte? Tre volte
“Anche dieci volte in un anno”.
Ma alla terza volta posso presumere che voglia reiterare il
reato.
“La norma è insuperabile. Certo, il magistrato può disporre
gli arresti domiciliari ma se lo spacciatore è un irregolare senza casa che si
fa? ”
Che si fa?
“Si dà l'obbligo di firma”.
Un sistema demenziale?
“Il parlamento è andato in questa direzione. L'obiettivo era
alleggerire la pressione nelle celle”.
Potevano costruirne di nuove.
“Si è scelta quest'altra strada. Certo se mi chiede un
parere posso dire che manca una politica di lungo respiro. Si procede per spot,
sull'onda delle emozioni che salgono dall'opinione pubblica. Il sistema ondeggia, si contraddice, produce
norme su norme”.
Restano i dubbi. La rapina è punita con una pena fino a 10
anni. Siamo oltre i 5, ma allora
perché tanti delinquenti sono già liberi?
“Il primo step è la legge, ma poi si deve valutare il caso
in carne e ossa”.
In pratica?
“C'è rapina e rapina. Se un ladro sta svaligiando il
supermercato, il vigilante lo affronta e lui gli dà uno spintone, allora per il
codice si trasforma in rapinatore. Ma la pena sarà lieve”.
Quanto lieve?
“Qui scatta la previsione. Se il rapinatore è incensurato,
ci sta che si scenda sotto i due anni. Alla fine del processo, il tizio otterrà
la libertà condizionale e non farà un giorno di galera”.
In quel caso?
“Non posso disporre alcuna misura cautelare. Ma se prevedo
che la pena possa arrivare a tre anni, la soglia per l'affidamento in prova,
allora posso dare gli arresti domiciliari”.
Un manicomio?
“La detenzione viene considerata l'estrema ratio. Io posso
anche condividere questa impostazione. Certo, ci vorrebbero processi rapidi,
veloci e sentenze in tempi ragionevoli. Così si andrà in carcere solo per
scontare una sentenza definitiva, non in attesa di un giudizio che potrebbe
anche chiudersi con un'assoluzione”.
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