Nei giorni scorsi il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha invitato gli appartenenti alle forze di polizia a portare con sé l’arma in dotazione anche fuori dal normale orario di servizio. Un invito che ha sollevato non poche polemiche e mentre da parte dei sindacati del personale della Polizia di Stato le prese di posizione sulla vicenda sembrano orientate a privilegiare le richieste di tipo economico, facendo emergere il più significativo “se il Ministro vuole di più deve dare molto di più”.
Colpisce immediatamente nel segno la riflessione postata dall'avvocato Giorgio Carta sulla sua pagina Facebook. Il professionista, ex ufficiale dei carabinieri e molto noto nell'ambiente delle uniformi per la sua attività di tutela legale (...)
In una intervista rilasciata a Tiscali, il legale ha chiarito gli aspetti giuridici della richiesta del ministro Alfano.
Avvocato quella del ministro è una richiesta in linea con le attuali regole contrattuali?
"L’invito del Ministro è in sé sicuramente conforme alle attuali disposizioni di legge: gli appartenenti alle forze dell’ordine dotati di arma individuale, infatti, possono portarla con sé anche quando sono liberi dal servizio. E’ considerata una facoltà, non un obbligo e, difatti, il Ministro si è espresso in termini di “invito”. In ogni caso, a prescindere dal porto o meno della pistola di ordinanza, tutti gli appartenenti alle Forze dell’ordine hanno l’obbligo di intervenire per impedire la commissione di reati o per reprimerli anche fuori dell’orario di lavoro.
In verità, al riguardo, la Cassazione ha talvolta operato un distinguo tra le forze dell’ordine a ordinamento militare (considerate in servizio 24 ore al giorno in virtù del cosiddetto servizio permanente effettivo) e quelle a ordinamento civile, in alcune sentenze ritenute in servizio soltanto durante l’orario di lavoro.
Sinceramente questa distinzione non mi trova concorde e ritengo che anche il poliziotto libero dal servizio abbia l’obbligo giuridico di intervenire per impedire la commissione di reati.
Qual è il problema?
“Il problema è un altro ed è prevalentemente morale e strutturale, più che economico. L’opinione pubblica e la stampa italiane hanno da tempo immemorabile ghettizzato ed isolato poliziotti e militari. Abbiamo, infatti, lo stupefacente paradosso di avere forze dell’ordine tra le meno violente al mondo e che, ciononostante, vengono regolarmente accusate di esserlo. Non mi riferisco a singoli casi, ma alla tendenza generale.
I nostri poliziotti sono così costantemente accusati di essere violenti da essere stati ormai grandemente inibiti a difendersi ed a fare un uso legittimo delle armi e, addirittura, indotti ad accettare anche gravi oltraggi e violenze senza reagire.
Questo è davvero triste perché constato come, sempre più spesso, la paura della crocifissione pubblica (e dei processi penali e disciplinari conseguenti) induca i cittadini in uniforme a subire offese ed aggressioni inaccettabili che in altri paesi sarebbero immediatamente ed energicamente represse con il plauso della stampa e della società civile."
Quali potrebbero essere i rischi per operatori e cittadini?"
Premesso che, in Italia, i rischi corsi dalle forze dell’ordine non importano praticamente a nessuno, il problema è inevitabilmente destinato a influire sul grado di sicurezza della nostra società, ma questo aspetto non è mai adeguatamente considerato, specie dalla stampa forcaiola (di poliziotti). Un tutore dell’ordine demotivato e timoroso di finire sotto processo per atti che sarebbero assolutamente legittimi oltreché dovuti (come fermare fisicamente un delinquente) nuoce non solo a se stesso, ma alla collettività, che inevitabilmente è meno protetta. La fondamentale differenza tra i Paesi stranieri e l’Italia è che nei primi è pacificamente accettato, in caso di pericolo anche solo supposto o putativo, il rischio che a rimetterci la pelle sia il delinquente e finanche il mero "sospetto". In Italia, il principio è ribaltato e si considera più accettabile che, nel dubbio, ci rimetta la pelle il cittadino in uniforme. Del resto, quest'ultima eventualità trova poi un esiguo ed effimero spazio nei giornali, non fa scendere per strada le folle né mette a rischio la poltrona di alcuno."
Quanti preferiscono voltarsi dall'altra parte e perché?
"Impossibile quantificarli, ma ci sono e, per fortuna, restano ancora una minoranza. Parimenti è impossibile quantificare i tanti che, nonostante tutto, non arretrano e continuano a combattere la delinquenza con coraggio e determinazione. (...) Il problema è che i primi sono destinati a crescere e, difatti, oggi sono molto meno critico di un tempo verso coloro che, se possono, cercano “di imboscarsi” in un ufficio per non avere problemi."
Un consiglio al ministro?
"Il primo consiglio da dare a tutta la politica è di dotare urgentemente le nostre forze dell’ordine delle armi non letali già a disposizione delle altre polizie del mondo.
Penso, innanzitutto, al taser ed agli spray urticanti. Senza questi strumenti, i nostri poliziotti sono ancora costretti ad affrontare a mani nude un delinquente armato di coltello o di una spranga e questo è assolutamente insensato e suicida. Peraltro, essendo l’opinione pubblica notoriamente più preoccupata dei danni fisici subiti dai malviventi piuttosto che dai poliziotti, le armi non letali preserverebbero entrambi e consentirebbero arresti indolori e del tutto non violenti.
Quale potrebbe essere il ruolo dei media?
“Più che alla politica, però, voglio rivolgermi alla stampa ed alla cosiddetta società civile, esortandole a considerare che il corpo di un poliziotto è l’ultimo baluardo della loro sicurezza. Oltre il vituperato “muro umano” degli operai con le stellette, infatti, ci sono le loro case ed i loro cari. L’ostracismo generalizzato - che da sempre mi fa ritenere che questo non è un Paese per poliziotti - prima o poi si ritorce contro i cittadini e davvero non mi capacito del perché non si faccia mai questa semplice considerazione se non ora che il terrorismo internazionale rende la cittadinanza più timorosa e, guarda caso, più esigente verso le forze di polizia, chiamate a rendersi disponibili anche fuori dal servizio”.
Lei, dunque, chiede anche una protezione giuridica?
Il problema, quindi, non è chiedere questo ulteriore sforzo (che generosamente i nostri concittadini in uniforme non esiterebbero a fornire), ma di proteggerli giuridicamente e materialmente affinché possano svolgere efficacemente e con maggiore serenità il loro delicato compito, possibilmente sentendosi amati dalla gente. Sempre che non sia chiedere troppo."
Ecco la riflessione dell’Avvocato Carta pubblicata su Facebook:
“Premesso che, fintanto che sono stato carabiniere, ho sempre portato con me la pistola anche libero dal servizio, perfino al mare ed in palestra, l'invito generalizzato del ministro Alfano a fare altrettanto mi lascia stupefatto. Infatti, come si può pretendere da un poliziotto o un militare italiano di tenersi pronto (a sparare?) in ogni circostanza se, anche quando è in servizio, passa l'anima dei guai se solo torce un capello ad un delinquente che magari lo sta aggredendo?
Abbiamo lasciato devastare piazza di Spagna dagli hooligans sotto lo sguardo impotente della polizia schierata ed ora pretendiamo che le forze dell'ordine intervengano anche fuori servizio, magari quando sono con moglie e figli? Da decenni, soprattutto per colpa della stampa e della cosiddetta società civile, abbiamo indotto le forze dell'ordine a ritenere preferibile e raccomandabile il voltarsi dall'altra parte e, ora che abbiamo paura, le vogliamo pronte ad attivarsi anche mentre fanno la spesa al supermercato? Soprattutto, quando si decideranno a dotarle in servizio degli strumenti necessari (in primis il Taser) per neutralizzare i violenti senza andare a loro volta all'ospedale (e poi a processo)?”.