ANC Segrate

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martedì 4 novembre 2014

ultimo successo degli investigatori di Monza

il comando di Via Volturno a Monza

Stamattina a Caronno Pertusella i carabinieri del Nucleo investigativo di Monza hanno arrestato 4 componenti di una banda di rapinatori a furgoni portavalori. 
Gli arresti rappresentano l’epilogo di una complessa attività investigativa che si protraeva 
da agosto, data in cui i militari sono intervenuti unitamente ai colleghi di Desio in seguito ad una rapina ai danni di un furgone portavalori a Cesano Maderno. 
I primi sviluppi hanno consentito di identificare uno dei componenti della banda
e tramite quest’ultimo è stato possibile identificare gli altri.  

fonte: www.ilgiorno.it


le armi sequestrate

Dopo una rapina a un portavalori avvenuta davanti all’ufficio postale di Cesano Maderno, il 1 agosto scorso, i militari sono riusciti a risalire a Luciano Zaccagnino, un insospettabile imprenditore titolare della carpenteria "Inox Fer" a Caronno, il basista della banda. Proprio a Caronno, davanti al capannone della ditta, i carabinieri di Monza hanno atteso l’arrivo degli altri tre componenti della banda, (due dei quali pregiudicati) che si muovevano a bordo di un furgone.
Al loro arrivo hanno bloccato il mezzo dentro al quale hanno rinvenuto numerose armi, anche kalashnikov, giubbe antiproiettile, passamontagna, munizioni e persino una tanica di benzina con innesco da utilizzare verosimilmente per incendiare il furgone dopo una futura rapina. Nella carpenteria i militari hanno rinvenuto altre armi, silenziatori, munizioni, radio portatili, diverse migliaia di euro e alcune centinaia di franchi svizzeri. 
I quattro sono in carcere a Busto Arsizio accusati di favoreggiamento personale, porto abusivo di armi da guerra e comuni da sparo e armi clandestine, detenzione a fine di spaccio di stupefacenti. Non è escluso che i quattro, oltre alla rapina portata a termine ad agosto a Cesano Maderno, si siano resi protagonisti di altri colpi nella provincia di Monza e Brianza. In corso in tal senso ulteriori accertamenti. 

L'elemento più pericoloso tra gli arrestati dai Carabinieri di Monza, Giovanni Misso, nato nel 1954 a Genova, il 16 ottobre scorso era sfuggito all’arresto durante un'operazione congiunta dei Carabinieri e della Squadra Mobile di Pescara.  Il Misso, soprannominato "Golia", aveva scontato una ventina di anni di carcere per aver ucciso un carabiniere di scorta che, nel 1977, stava trasferendo in carcere un arrestato che gli uomini del livornese volevano liberare. Condannato all'ergastolo, ha beneficiato di significative riduzioni di pena.



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Il paziente lavoro dei "segugi" di Monza aveva guadagnato le prime pagine dei giornali anche lo scorso mese di marzo, con il successo dell'operazione "Girasole":

"Quindici banche, due uffici postali ed una gioielleria assaltata, per complessivi 192mila euro di bottino complessivo. Sono i numeri dell’operazione Girasole condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Monza, comandati dal maggiore Giuliano Gerbo (che negli anni precedenti operava anche a Segrate), che ha portato in carcere una banda di Quarto Oggiaro, in tutto 10 rapinatori, sette arrestati venerdì mattina, che usava trovarsi in un bar del quartiere, il “Girasole”. 

Giuliano Gerbo

Numerosi gli istituti di credito brianzoli dove la banda avrebbe fatto i colpi: la Banca Popolare di Lodi di Carate Brianza, assaltata tre volte, la Banca Popolare di Milano (agenzie di Nova Milanese e Bovisio Masciago), la Banca Popolare Commercio e Industria di Solaro, la Unicredit a Monza, l’agenzia di Seveso della Popolare di Lodi, l’ufficio postale, sempre a Seveso, il Banco Desio di Cesano Maderno, e la Bcc di Carugate, agenzia di Cambiago. Tutte rapine commesse nel corso del 2011, e nei primi mesi del 2012. Colpi da un minimo di 700 euro a un massimo di 25mila euro."

fonte: "il Cittadino di Monza"

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l'operazione Carillon




Tredici persone arrestate tra Monza e Milano. L’accusa: associazione a delinquere, favoreggiamento personale, porto di armi clandestine, rapina pluriaggravata, ricettazione, sequestro di persona, tentato omicidio, detenzione e spaccio sostanze stupefacenti, nonché detenzione di segni distintivi, in uso alle forze di polizia.

Fantasia al posto delle pistole

Sapevano quando e dove avrebbero colpito, ma intervenire durante la rapina sarebbe stato troppo pericoloso.
Quella banda di criminali la tenevano d'occhio da troppe settimane per non avere capito che un arresto in flagranza avrebbe potuto trasformarsi in una sanguinosa sparatoria.
Così, i carabinieri di Monza, coordinati dal pm Donata Costa, hanno deciso aggiungere ai tradizionali sistemid'indagine alcuni diversivi da "gangster movie" per mandare a monte gli assalti. 

camuffamento

Esempio: lo scorso 3 novembre a Mariano Comense, col comandante del nucleo investigativo di Monza,il tenente colonnello Giuliano Gerbo travestito da capo della protezione civile, i Carabinieri hanno addirittura evacuato il palazzo dove si trovava l'ufficio postale finito nel mirino dei rapinatori simulando una fuga di gas.
Fantasia al posto delle pistole.

Grazie alla quale i carabinieri sono comunque riusciti a mettere le mani su di un gruppo di criminali composto da 12 persone, accusate a vario titolo di associazione a delinquere, favoreggiamento personale, porto di armi clandestine, rapina pluriaggravata, ricettazione, sequestro di persona, tentato omicidio, detenzione e spaccio sostanze stupefacenti, nonché detenzione di segni distintivi, in uso alle forze di polizia. Fra il novembre del 2013 e il novembre 2014 avrebbero messo a segno 14 rapine fra le province di Monza, Como, Milano, ma anche nel Canton Ticino e in Liguria. I loro bersagli erano tutte quelle attività che dispongono di danaro contante: centri Snai, centri commerciali, aziende private, stazioni di servizio e furgoni portavalori.
Partendo da una targa rubata usata durante un colpo, i carabinieri sono riusciti a ricostruire l'organigramma della banda e il loro modus operandi. Che si trattasse di gente con pochi scrupoli, lo aveva capito anche uno dei componenti della gang, il quale, arrestato dopo un colpo a Paderno, ha reso agli inquirenti dichiarazioni "illuminanti", come vengono definite negli atti dell'inchiesta. "Avevo deciso che non volevo avere più niente a che fare con Gianni e Davide", ammette l'indagato, riferendosi a Gianni Misso e al suo braccio destro, Davide Galullo. "Mi sembravano persone troppo pericolose, l'ho capito dai loro racconti", racconta l'anello debole della banda. Nel gruppo non c'erano solo banditi di lungo corso, ma anche un tecnico informatico di Limbiate che, perso il lavoro, si è dato al crimine.


  Berni Federico

fonte: archivio del Corriere della Sera, 12 febbraio 2015


vedi anche: droga, usura, estorsioni e rapine



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