ANC Segrate

Associazione Nazionale Carabinieri
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sabato 28 febbraio 2015

prima audizione, ultimi numeri



In occasione della prima audizione di fronte alla Commissione Difesa della Camera, il Comandante generale dei Carabinieri, gen. Tullio Del Sette, ha riferito le ultime statistiche sull'Arma e ha elencato le priorità.

Il generale ha ricordato che l’Arma dei Carabinieri, quale forza militare di polizia con competenza generale in servizio permanente di pubblica sicurezza, è destinataria di finanziamenti sia sul bilancio del Ministero della Difesa che su quello dell’Interno. La parte preponderante degli stanziamenti (compresi gli stipendi del personale) è iscritta nelle previsioni di spesa della Difesa, che nel 2015 potrà contare su circa 5649 milioni di euro stanziati dalla legge di bilancio, ripartiti nei settori "personale" (5400 milioni di euro) e  "funzionamento" (i rimanenti 249 milioni di euro, di cui 211 per le esigenze di "esercizio" e soltanto 38 per quelle di "investimento").
Un’altra quota di 312 milioni di euro, destinati alle esigenze di funzionamento dell’Arma, è appostata nel bilancio del Ministero dell’Interno, a cui devono aggiungersi altri 438,3 milioni di euro attestati su capitoli di spesa destinati alla compensazione delle indennità di ordine pubblico e del "lavoro straordinario", che dal 2015 sono dedicati esclusivamente all’Arma.



Ad oggi i Carabinieri sono 104.660, di cui 3.892 ufficiali, 27.892 marescialli, 19.265 brigadieri, 55.631 appuntati e carabinieri. Di questi 1.655 sono donne, arruolate nelle fila dell’Arma dal 2001 e oggi presenti in tutti ranghi dell’istituzione con 224 ufficiali, 661 marescialli, 3 vice brigadieri, 1 appuntato e 766 carabinieri.


Il Comandante rileva poi come questi numeri si riferiscano alla forza effettiva, sensibilmente inferiore a quella prevista dalle leggi, pari a quasi 118mila unità.
Un calo progressivo, iniziato nel 1998 ma che nel recente periodo ha repentinamente assunto dimensioni notevoli per effetto dei tagli alle assunzioni introdotti dal decreto legge n. 78 del 2010, la cosiddetta spending review


Il generale illustra poi la ripartizione della forza effettiva tra le diverse organizzazioni dell’Arma dei Carabinieri. In particolare:
- il 79 per cento nell’Organizzazione territoriale, comprendente 5 Comandi interregionali, 19 Comandi legione, 102 Comandi provinciali, 13 gruppi, 5 Reparti territoriali, 528 Compagnie, 67 Tenenze e 4.580 stazioni (tra cui quella di Segrate);
- il 5,4 per cento nell’Organizzazione mobile, facente capo a una divisione e articolata su 2 brigate, 9 reggimenti (tra cui il Reggimento Carabinieri paracadutisti "Tuscania"), 11 battaglioni e il GIS, Gruppo di Intervento Speciale;
- il 5,3 per cento nell’Organizzazione speciale, facente capo ad una divisione da cui dipendono i Comandi specializzati in branche specifiche, il Raggruppamento aeromobili, il ROS (Raggruppamento Operativo Speciale), il RACIS (Raggruppamento Investigazioni Scientifiche) e il COESPU (Centro di Eccellenza per le Unità di Polizia di Stabilità);
- il 5 per cento addetti a compiti esclusivi di polizia militare e a reparti interforze (tra cui quelli impiegati presso la Direzione Investigativa Antimafia, la Direzione centra le per i servizi antidroga, il Comando operativo di vertice interforze e il Comando per le operazioni delle forze speciali).


L’Arma, poi, ha puntato fortemente anche sull’ISTI, Istituto Superiore di Tecniche
Investigative, istituito nel 2008 al fine di elevare la qualità dell’attività investigativa e abilitare il personale allo sviluppo di indagini complesse e all’uso delle più avanzate tecnologie. In questo Istituto di alta formazione specialistica le lezioni sono affidate ad esperti ufficiali di polizia giudiziaria del ROS, dei RIS e dei Nuclei Investigativi, i nostri reparti di punta nel contrasto alla criminalità di ogni genere. 


Il generale si è soffermato poi sulla minaccia rappresentata dalla criminalità diffusa, ultima soltanto in termini di gravità delle azioni delittuose poste in essere, ma la prima in termini di diffusione sul territorio di offensività nei confronti della generalità dei cittadini. Questa minaccia, si misura soprattutto attraverso le sensazioni dei
cittadini, attraverso il timore di poter rimanere vittime degli stessi reati di cui apprendono dai media, di cui sentono parlare da parenti, amici e conoscenti.
Per questo è importante, rileva il generale Del Sette, "dare sicurezza", soprattutto stando vicini alla gente, offrendo una presenza rassicurante, ciò che le stazioni dell’Arma, capillarmente diffuse sul territorio nazionale, fanno ogni giorno, ormai da oltre duecento anni.
Per evidenziare la produttività delle stazioni richiama il dato del numero delle persone deferite all’Autorità giudiziaria, cioè di coloro che sono stati individuati quali autori dei reati perseguiti: oltre il 50 per cento delle persone complessivamente denunciate da tutte
le forze di polizia.
L’importanza di questi presidi di base, disseminati su tutto il territorio nazionale, è segnalata anche da un altro dato emblematico: nel 2014 le Stazioni dei Carabinieri hanno perseguito il 70 per cento circa dei reati complessivamente commessi in Italia, poco meno di 2 milioni di reati.
A suo avviso i dati forniti evidenziano non solo l’importanza ma anche il successo di questa formula organizzativa, che rischia di essere depotenziata dalla riduzione di personale: le stazioni dei Carabinieri rappresentano per oltre il 50 per cento della popolazione l’unico presidio di polizia, l’unico riferimento protettivo dello Stato.


La maggior parte delle stazioni ha una forza prevista di pochi militari, in qualche caso appena quattro o cinque, ed è evidente come in queste stazioni la perdita anche di un solo militare si rifletta più significativamente rispetto a quanto avviene per reparti di decine di unità.

servizio navale ridotto del 60%

Nel 2008 il servizio aereo disponeva di una flotta di 96 velivoli e di una forza organica di oltre 600 militari; oggi i velivoli sono 44, con una riduzione superiore al 50 per cento, e il personale ad esso addetto ha avuto un’altrettanto significativa riduzione.
Inoltre è stato avviato un piano di cessioni degli elicotteri dismessi ottenendo un contributo risolutivo all’efficiente gestione della flotta residua con l’acquisizione di beni e servizi attraverso il meccanismo della "permuta". Analogamente si è operato per il servizio navale, che nel 2008 disponeva di 175 natanti e impiegava 580 militari, laddove oggi i mezzi sono scesi a 71, con una riduzione del 60 per cento.
 

 

Pone quindi l’accento su alcuni effetti che le citate riduzioni producono su settori nevralgici del servizio istituzionale. In particolare, i 37,8 milioni di euro stanziati nel settore "investimento" del bilancio della Difesa appaiono insufficienti ad assicurare il programmato rinnovo del parco veicoli diretto a garantire il controllo del territorio, il pronto intervento e i trasporti operativi nella misura richiesta. Del predetto risulta infatti già eliminata ogni possibile ridondanza, passando dagli oltre 34.000 veicoli del 2006 agli attuali (circa) 24.000 (quasi il 30 per cento in meno). Peraltro, per massimizzare i risparmi anche in termini di manutenzioni e carburanti, si è anche optato per tipologie di mezzi più piccoli, più economici e a basso impatto ambientale (l'odiato FAP nei motori diesel), ed appare auspicabile che possa essere quanto prima avviato un progressivo rinnovamento anche di questi mezzi (almeno un terzo sarebbero da sostituire subito).

Il generale conclude segnalando alcune questioni meritevoli di ogni attenzione per l’adozione di iniziative legislative, rinnovando innanzitutto un vivo ringraziamento al Governo e al Parlamento per il fondamentale segnale di attenzione dati al comparto "Sicurezza, difesa e soccorso pubblico" evitando che fosse ulteriormente prorogato il
"blocco stipendiale" perdurante dal 2011
. Nella consapevolezza che una tale misura era stata introdotta sotto la pressione esercitata da un’incombente congiuntura finanziaria negativa, non può essere infatti sottaciuto che, nello stesso periodo, le difficoltà economiche sono state accompagnate da crescenti aggressioni della criminalità che hanno richiesto al personale del Comparto un’intensificazione degli sforzi.

Un’ulteriore questione è quindi quella concernente la progressiva crescita dell’età media, oggi superiore ai 41 anni, con punte più elevate in alcune regioni. Al riguardo, il ripristino, dal 2016, del turn over al 100 per cento influirà positivamente, così come avrà riflessi favorevoli la possibilità di effettuare arruolamenti nel ruolo base direttamente dal mondo civile, già previsto dal 2016 in una percentuale che potrebbe essere ampliata in armonia con le esigenze delle altre Forze armate.
Nell’immediato risulterebbe però utile poter anticipare di qualche mese l’immissione, oggi prevista per fine anno, di un contingente di volontari in ferma prefissata, che hanno già ultimato il servizio nelle altre Forze armate.
 

giovedì 26 febbraio 2015

un ferito ogni 4 ore


Umiliati ed offesi. Adesso basta!

  di Ettore Minniti (capit.)

Il personale delle Forze di Polizia, come ben ha evidenziato il Gen. Antonio Pappalardo, presidente dello Scudo/Supu, "... è stanco e sfiduciato per esser continuamente vilipeso, umiliato, offeso, processato per un nonnulla, indicato al pubblico ludibrio".
Costoro non possono ancora sopportare uno Stato assente, che non tutela adeguatamente coloro che sono deputati a tutelare i cittadini. Basta pensare che sono state 2266, lo scorso anno, le aggressioni nei confronti di poliziotti, carabinieri, agenti di polizia municipale, operatori delle altre forze di polizia e pubblici ufficiali durante i soli controlli su strada, escludendo quindi la gestione dell'ordine pubblico.  "Ogni 4 ore almeno un operatore di polizia finisce in ospedale, spesso con conseguenze invalidanti, fisiche e psicologiche, che lo accompagneranno per tutta la carriera", commenta il presidente dell'Asaps, Giordano Biserni. "Gli argini di contenimento della violenza, costituiti dalle forze di polizia, sono sempre più deboli e corrosi", riferisce il Biserni, secondo cui "tutto questo avviene nell'indifferenza pressoché totale dell'opinione pubblica e  della stessa politica. Posizione pericolosa e ingenua. Del dilagare della violenza contro le divise sulla strada dovrebbero invece preoccuparsi per primi i cittadini ancor più degli agenti e carabinieri. Dopo l'argine ci sono loro come destinatari e vittime di una violenza sempre più tracotante o ormai di fatto impunita".
E non c'è mai fine allo sconcerto e all'indignazione. Non ci sono parole per commentare quanto successo ad un giovane carabiniere toscano che, dopo l’arresto in flagranza di un tunisino sorpreso a rubare all’interno di una cartiera, è stato condannato in Tribunale per aver usato metodi troppo violenti nell’arresto. (...) Per il carabiniere una condanna per lesioni aggravate a 6 mesi di reclusione (con pena sospesa) nonché al risarcimento danni per 7500 euro e alla rifusione delle spese, 1750 euro più Iva, con pagamento in favore della parte civile di una provvisionale immediata di 3500 euro. Riteniamo che il carabiniere non è la sola vittima di questa ingiustizia, la vera vittima è quel "popolo italiano" in nome del quale si amministra la giustizia. Intanto, la cittadinanza si è stretta attorno al proprio concittadino in uniforme ed ha avviato una raccolta di fondi per sostenerlo nelle spese giudiziarie. Per come abbiamo appreso la notizia, è probabile che il carabiniere andava assolto perché il reato era ampiamente giustificato per aver agito nell'adempimento di un dovere. L'adempimento di un dovere o di un obbligo imposto dalla Pubblica Autorità è prevista nel codice penale italiano all'art. 51: "l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità".
Chi, dunque, nell'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o dall'ordine di un superiore, abbia a compiere atti o fatti che integrino una fattispecie preveduta dalla legge come reato, non può essere punito per questo.

(...) Gli operatori di polizia si sentono sempre più soli: abbandonati da una classe politica disattenta, da una gerarchia distratta dalla progressione di carriera e da una magistratura che sembra aver perso l'orientamento. Una sensazione di disagio inarrestabile, estremamente pericoloso per la nostra collettività.
Ci chiediamo a che cosa servono 500 poliziotti in più nella città di Roma, dopo i giorni nefasti dell'invasione barbarica dei tifosi olandesi? Non saranno i maggiori controlli che renderanno il paese più sicuro. La sicurezza si determina con la certezza della pena e l'autorevolezza di coloro che sono chiamati a far rispettare le leggi (magistrati e poliziotti/carabinieri che lavorano all’unisono). (...) ci si auspica che gli uomini di buona volontà sappiano con urgenza sanare le ferite che si stanno producendo nel personale in uniforme e ridargli fiducia, motivazione e autorevolezza, in nome "del popolo italiano", prima che sia troppo tardi!

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Uno degli ultimi esempi di Carabinieri feriti in servizio:

 


PADOVA, 7 febbraio 2015.  E' già stato scarcerato lo spacciatore libico Imed Khannoussi di 34 anni che ha accoltellato l'altro giorno due carabinieri ed è stato arrestato per tentato omicidio. Questa mattina è stato convalidato l'arresto, ma è stato rimesso in libertà in attesa di giudizio. Intanto i due militari dell'Arma hanno rimediato venti e quindici giorni di prognosi.

mercoledì 4 febbraio 2015

appartamenti a rischio


Nella foto sopra, la filiale Unicredit di Via I maggio a Segrate, proprio davanti al municipio, subito dopo l'esplosione dello sportello bancomat avvenuta lo scorso 1 novembre. Sopra ci sono appartamenti abitati da diverse famiglie, tra cui quella di un nostro socio.

Settimana scorsa i nostri amici carabinieri del NORM di San Donato Milanese hanno sventato l'assalto di 5 rom a uno sportello bancomat in un quartiere densamente popolato di Peschiera Borromeo.
Si tratta di atti criminali molto pericolosi che purtroppo stanno diffondendosi sempre di più, come spiega il seguente articolo pubblicato sul quotidiano "La Stampa" di Torino:






Se l’assalto ai bancomat diventa un’azione di guerra 

Da Nord a Sud crescono i colpi utilizzando bombole violentissime. L’azione è rapida ed efficace ma l’esplosione può far crollare gli edifici
Ieri ad Arcola, provincia di Spezia. Sabato a Bogliasco, nel Genovese, e a Peschiera Borromeo, vicino a Milano. Tre casi in 48 ore. Gli ultimi di una lunga serie. In meno di tre mesi sono stati fatti esplodere con bombole di gas altri bancomat a La Spezia, Treviso, Verona, Silanus in Sardegna, Rovigo, Peschiera, Capannoli, Fano, poi Basilicata, Villa Literno, Lugo di Romagna, Carpi, Bari, Padova, Varese, Bologna, Lucca. Difficile tenere il conto esatto. Alcuni colpi sono falliti, in altri il bottino è stato elevato, anche superiore ai 100 mila euro. 
"Come in guerra"
Incuranti dei pericoli non solo per gli improvvisati artificieri stessi ma soprattutto del tutto indifferenti all’incolumità passanti e dei residenti delle case che ospitano loro malgrado gli sportelli all’interno delle agenzie bancarie. A Bogliasco l’esplosione ha devastato la sede della banca e gli inquilini dei piani superiori hanno pensato a un attentato dinamitardo. «Sembrava di essere in guerra», ha detto uno dei residenti ai carabinieri. In questo caso, gente inesperta. Invece di usare una bombola di acetilene, che consente un’esplosione più selettiva, costoro hanno spinto all’interno della bussola dove era posizionato il terminale pos una bombola Gpl. L’innesco con un telecomando o con un impulso dato a un cellulare di vecchia generazione. Esplosione violentissima, tanto da semi-distruggere anche quasi tutte le banconote, bruciacchiate e danneggiate dai detriti. Scene drammatiche: muri sventrati, mobili lanciati in aria, cristalli infranti.   

In Piemonte, spiegano gli inquirenti, gli specialisti sono i Sinti. I primi colpi risalgono e sei, sette anni fa. Poi la tecnica s’è affinata. Si entra nella bussola interna dove c’è il bancomat con una card qualsiasi; poi si posiziona la bombola di acetilene vicino alle fessure del terminale. Si apre la valvola; in pochi secondi esce dal cannello quanto gas basta a saturare l’ambiente. Infine l’innesco. Se tutto è andato bene, la prima paratia blindata cede per l’onda d’urto e sventra la cellula di protezione che contiene il denaro; se va male salta tutto, con conseguenze - come è avvenuto in qualche caso - anche all’esterno, provocando danni alle auto parcheggiate, alle vetrine a fianco, ai vetri dei piani superiori. 

I rischi di colpire le persone elevatissimi, a volte volano in aria micidiali schegge di vetro, l’acciaio degli infissi divelti o delle plastiche e solo per miracolo, sino ad ora, nessuno s’è fatto male in modo serio. A Torino, in via Genova, tempo fa, lo scoppio all’interno di una banca aveva causato anche la momentanea evacuazione degli alloggi coinvolti. 

Il know how di base per questo tipo di impresa in poco tempo s’è diffuso in tutta la penisola. Nel Nord vengono in genere scelte le filiali e le agenzie dei paesi e quelle più isolate. Agiscono poco prima dell’alba, incuranti di videocamere di sicurezza e delle pattuglie delle forze dell’ordine. La "batteria" è composta da un minimo di tre ladri-artificieri. C’è l’autista, lo specialista dell’acetilene e quello che, protetto da guanti, maschere anti-fumo e cappuccio, cercherà tra le macerie il sacco con le banconote. 

Sono gang organizzate e pericolose, in genere slegate dal racket. In bilico tra la malavita organizzata e le associazioni criminali fai-da-te. In tutto, azione, esplosione, raccolta del bottino e fuga, non dura più 4, 5 minuti. E’ un sistema di moda, molto trendy, perchè funziona. La notte prediletta per il colpo è il venerdì sera, i banditi sanno che gli istituti di credito, infatti, caricano di denaro (anche duecentomila mila euro) i terminali in vista del fine settimana. C’è solo da augurarsi, se hai il bancomat nell’agenzia sotto casa, che ad agire siano esperti in questo tipo di crimine e non i dilettanti dell’ultimo minuto, alle prese con bombole ed esplosivi dei cui effetti sanno poco. O nulla


     Massimo Numa